La missione impossibile di Theresa May continua. Oggi la premier britannica, dopo aver superato il voto di sfiducia di ieri con un risultato ambiguo, è a Bruxelles per provare a convincere il 27 leader europei riuniti per il Consiglio Ue a darle una mano: da sola non ce la farà mai a far passare l’accordo sulla Brexit, avendo (come minimo) 117 dei suoi contro, quindi chiederà all’Unione concessioni per rassicurare i ribelli e i brexiters oltremanica. Avrà solo dieci minuti di tempo per persuaderli, una miseria, poi i 27 se ne andranno a cena senza di lei. Il rischio di flop è, ancora una volta, altissimo. A Londra, un nuovo voto parlamentare sulla Brexit è previsto per gennaio.
L’Ue ha ribadito che il testo dell’accordo non si tocca, per nessuna ragione. Al massimo, l’Europa può concedere delle dichiarazioni esplicative all’accordo. Secondo anticipazioni dell’agenzia Reuters ci sarà una paginetta in allegato in cui l’Ue metterà per iscritto che si farà ricorso al contestatissimo backstop (cioè il regime speciale per l’Irlanda del Nord ancora nel mercato unico Ue e la Gran Bretagna nell’unione doganale fino a quando non si troverà una soluzione a lungo termine sulla questione irlandese) soltanto “in ultima istanza”. Stamattina, da Londra c’era un po’ di fiducia in più perché pare che l’Ue possa concedere anche ulteriori rassicurazioni scritte, un altro passetto in avanti, per cui “il backstop è temporaneo e nel caso sarà impiegato solo per un breve periodo di tempo”.
Una dichiarazione importante, ma che molto probabilmente non convincerà i brexiters e gli scettici del Regno Unito per due ragioni: innanzitutto molti le considereranno dichiarazioni vaghe che non intaccheranno il testo (dove comunque resta scritto che Londra non potrà mai rescindere unilateralmente dal backstop) e soprattutto queste frasi allegati non avranno, come pare, alcun valore legalmente vincolante. Il rischio è che dunque vengano bollate come “fried air” oltremanica, aria fritta. Se fosse così, May non avrà mai i numeri per far passare il suo piano (pare tornerà alla carica a gennaio, per avere più tempo) e il No Deal e la sua definitiva sconfitta politica sarebbero molto più vicini.
Antonello Guerrera, Repubblica.it