Isole Vergini, Cayman e Gibilterra sono i paradisi fiscali preferiti da chi ricicla denaro, evade le tasse o prende tangenti. Sono infatti 250 i miliardi di sterline legati a casi di evasione fiscale, di appalti truccati, di appropriazione indebita e di acquisizione illecita di beni statali, che sono stati indirizzati nei sei paradisi fiscali d’oltremare della Gran Bretagna (vedi tabella in pagina). L’ultimo report: «The cost of secrecy» (il costo della segretezza) pubblicato da Transparency International Uk, associazione non governativa impegnata contro la corruzione, evidenzia dunque come ci siano 1.201 aziende, che hanno trovato casa in sei (su 14) territori d’oltremare del Regno Unito. 1.107 (92%) si sono registrate nelle Isole Vergini inglesi. E, 213 di questi sono risultati essere legati a casi di corruzione e riciclaggio di denaro. Le altre 63 società, presenti negli altri cinque territori d’oltremare, (Cayman, Bermuda, Gibilterra, Turks e Caicos e Anguilla) sono state invece collegate a casi di evasione, frode o denaro pubblico rubato. Stando a quanto ricostruito da Transparency International Uk, i Paesi di origine in cui è stato commesso il reato sono: la Russia nel 15% dei casi, l’Ucraina nel 9%, il Kazakistan e Nigeria nel 6%, e l’Azerbaijan nel 5%.
Ma come mai si sono scelti proprio questi paradisi fiscali? Secondo il report perché i territori d’oltremare tutelano da sempre la segretezza, non avendo (ancora) un registro pubblico delle imprese. E dunque si possono nascondere facilmente: l’appropriazione indebita, tangenti varie, movimenti della ricchezza attraverso società fantasma o prestanomi; così come gli investimenti fatti in yacht e jet privati. Le attività illecite non si fermano però ai soli territori d’oltremare. Da tempo infatti queste hanno esteso i loro tentacoli fino al cuore del Regno Unito. Nel 2017 Transparency Interation Uk ha identificato 176 proprietà acquistate in Gran Bretagna, usando 4,4 miliardi di sterline di «ricchezza sospetta». Gli immobili (63%) erano di proprietà di società registrate nei territori d’oltremare del Regno Unito. Si possono dunque contare circa 28 mila proprietà sul suolo inglese che appartengono a società registrati nei paradisi fiscali vicini di casa.
Dal 2013 in avanti i vari governi inglesi hanno cercato di combattere il fenomeno, aumentando le tasse sugli immobili residenziali, sperando di colpire in modo indiretto i soggetti che si celano dietro queste operazioni. Due mese fa, durante la Commissione tax 3 dell’Ue la stessa rappresentante inglese ha spiegato in modo dettagliato il ruolo ingombrante dei russi all’interno del Regno Unito. Stando ai dati presentati, ci sarebbero dunque circa 90 miliardi di sterline l’anno che vengono riciclati in maniere irregolare, e più della metà provengono da cittadini russi.
Inoltre, su 10 proprietà immobiliari comprate a Londra, quatto sono state acquistate con denaro russo riciclato.
Il rappresentante inglese ha sottolineato come si sta cercando di porre rimedio all’emergenza russa attraverso norme precise. Norme che per il momento non sono ancora arrivate. E nonostante ciò fatto dal 2013 ad oggi il numero di immobili di proprietà di società offshore è rimasto relativamente stabile.
Giorgia Pacione Di Bello, ItaliaOggi