– di Bruno Tinti
18 giugno 2005. Cominciò un dibattito sulle correnti della magistratura. Litigai con molti «correntisti», tutti colleghi «importanti». Scrissi: «Ciò che non va bene è il sistema. Non vanno bene le correnti. Non vanno bene gli accordi tra le correnti. Non va bene la tutela dei propri iscritti. Non va bene la “disciplina” di corrente. Non va bene il ““non sono solo io a fare questo, lo fanno anche gli altri”. Non va bene “l’esigenza di essere rappresentati”. Non va bene che gli iscritti ad una corrente siano più “rappresentati” degli altri che non sono iscritti a nessuna corrente. Non va bene che chi deve andare al CSM sia scelto con criteri imperscrutabili dai maggiorenti delle correnti e poi venga eletto perché si dice agli adepti della corrente: votate questi. Non va bene che un collega non iscritto a nessuna corrente non abbia alcuna possibilità di essere eletto. Non va bene niente di questo sistema. Le correnti stanno portando dentro di noi tutti i mali tipici della politica; e stanno anche portando via quello di buono che abbiamo: l’integrità, l’obbiettività, la preparazione professionale, l’indipendenza. Ma come possono queste qualità permanere in un magistrato che vorrebbe dare il suo voto a Tizio ma poiché la sua corrente ha deciso di votare Caio vota anche lui Caio? Che partecipa ad un accordo in base al quale le correnti 1 2 e 3 si accordano oggi per nominare capo di un ufficio Tizio a patto che domani venga nominato capo di altro ufficio Caio? E, vista dal lato dell’iscritto a questa o quella corrente e che da essa si attende di essere “rappresentato”, quale visione della magistratura può mai avere questo collega che, per essere “rappresentato”, non si affida al merito ma alla corrente? Ma ragionerebbe così nella sua attività professionale?».
Sono passati quasi 14 anni e non è cambiato nulla. Le correnti sono ancora padrone del CSM; le carriere dei magistrati dipendono ancora dall’appartenenza all’una o all’altra; la professionalità, l’esperienza e financo l’onorabilità e l’onestà sono irrilevanti. Viene praticata senza vergogna la spartizione: oggi votiamo insieme per il tuo candidato a Poggiofiorito, domani voteremo sempre insieme per il mio a Colleameno (quello più bravo di tutti, non aderente a nessuna corrente, non è nemmeno considerato). Perfino l’illegalità è praticata regolarmente: le sentenze del giudice amministrativo, anche quelle del Consiglio di Stato, sono ignorate, comprese quelle cosiddette di ottemperanza (il giudice amministrativo che dice al CSM «hai torto, te lo abbiamo già detto, obbedisci»). Non è cambiata nemmeno la feroce difesa di questo apparato; oggi, come 14 anni fa, la linea è: le correnti non vanno benissimo; ma bisogna migliorarle/cambiarle «dall’interno»; perché la democrazia è il bene supremo e le correnti questo sono, democrazia, libera associazione di liberi magistrati. E poi, se errori ci sono, noi (la corrente di quello che parla) non li commettiamo, sono gli altri, quelli cui noi ci opponiamo. Non si sa se ridere o piangere.
Così, sempre 14 anni fa (ero ancora magistrato), proposi una soluzione alternativa: il sorteggio. Scrissi: «Siamo 9.000 circa; tutti uguali, tutti qualificati professionalmente. Se siamo in grado di scrivere sentenze, dunque di decidere chi ha torto e chi ragione, chi è colpevole e chi innocente, quale impresa deve fallire e quale no, quanto infliggere di pena (cosa terribile); a quale genitore deve essere affidato un bambino (cosa più terribile ancora); se siamo in grado di fare tutto questo; non dovremmo essere in grado di stabilire se un collega ha commesso un illecito disciplinare, se un altro è idoneo a ricoprire questo o quel posto etc. etc.? E’ evidente che tutti siamo in grado di svolgere, per 4 anni, i compiti che la legge assegna al CSM. Fare il giudice è più difficile che fare il componente del CSM. E soprattutto: l’avere scalato l’apparato delle correnti ed essere eletto per «meriti» correntizi (ma vi rendete conto di che simulacro di democrazia è diventato ormai questo sistema?) non dà nessuna garanzia sulla reale capacità di svolgere questo ruolo. Per la verità ne dà molte di meno. Allora la soluzione è semplice: sorteggiamo chi deve andare per 4 anni al CSM. Così si spezza il circuito correnti – promesse – clientelismo – consenso – successo delle correnti. La sorte non deve nulla a nessuno, il sorteggiato può svolgere i propri compiti con autonomia e imparzialità (vi ricordate che è un giudice?) e lo farà con lo stesso impegno e con la stessa capacità con cui ha svolto e poi continuerà a svolgere le sue funzioni giudiziarie. E dunque mediamente bene. Certo, ci possono essere dei corrotti, degli sfaticati, degli incompetenti. Ma, prima di tutto, i sorteggiati non saranno certo tutti così: dovremmo avere una sfiga pazzesca se ci dovesse capitare che la maggioranza dei sorteggiati sia inidonea. E il singolo corrotto, sfaticato, incompetente sarà emarginato, controllato, sostituito dagli altri. Ma poi, e di nuovo, pensate che essere corrotto, sfaticato, incompetente impedisca la scalata all’apparato delle correnti, il raggiungimento di posizioni di potere e quindi la matematica elezione al CSM? Sicché smettiamola di richiamare a sproposito “la democrazia è un sistema pessimo ma non ne abbiamo nessuno migliore”. Per amministrare le nazioni andrà anche bene. Ma noi siamo pochi e tutti uguali, non abbiamo bisogno di importare i mali di sistemi pensati per situazioni diverse. Noi possiamo amministrarci bene semplicemente affidandoci a uno qualunque di noi. I sorteggiati continueranno il loro lavoro di magistrati; solo che, per un po’, lo faranno in altra sede e con compiti un po’ diversi; ma sempre con autonomia e indipendenza».
Mi fecero a pezzettini. In magistratura funzionano le «camere dell’eco»: cominciano in tre o quattro (quelli che contano) e in breve professionalità, esperienza, indipendenza non contano più: sei e resti «quel matto di Tinti». Oggi i matti sono aumentati di numero e la politica se n’è accorta. Non so se il sorteggio comincia a piacerle perché hanno capito che il sistema delle correnti è una mefitica palude o se si aspettano vantaggi da una riforma di questo tipo. Però mi dispiacerebbe dover aspettare altri 14 anni per celebrare la morte delle correnti: anche perché non me la godrei molto da un’urna cineraria.
(ItaliaOggi, sabato 13 ottobre)