Ancora su Trump. Un nuovo libro scompagina l’immagine del presidente

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«Squilibrato», «instabile», «bugiardo». Un «re shakespeariano» che si agita nello Studio Ovale, che ha reso l’intera West Wing della Casa Bianca una «gabbia di matti».

Sono soltanto alcune delle parole che Bob Woodward utilizza per raccontare il 45esimo presidente degli Stati Uniti tra le pagine del suo nuovo libro, in uscita l’11 settembre.

La storica firma del Washington Post, giornale con cui si è fregiato di due premi Pulitzer, prima con un’inchiesta sullo scandalo Watergate nel 1973 e poi nel 2002 nelle vesti di reporter dopo l’attentato alle Torri Gemelle, squarcia il dibattito politico a stelle e strisce già nella scelta del titolo: «Paura: Trump alla Casa Bianca».

Un Commander in Chief che è una minaccia, che antepone i propri interessi personali a quelli nazionali, una sorta di catastrofe annunciata per la quale, non a caso, decide di riempire gli scaffali delle librerie proprio in una data tanto simbolica quanto drammatica.

Il tycoon viene descritto come un uomo che «premia la fedeltà assoluta», uno che «è ossessionato dalla sua immagine». Woodward non esita a mettere nero su bianco addirittura quello che definisce un «colpo di Stato amministrativo», sottolineando rischi e pericoli cui l’era Donald espone la sicurezza del Paese.

Non un semplice giudizio politico, però (sarebbe soltanto l’ennesimo). Il peso di questo libro sta nella sua struttura: ore e ore di registrazioni, pagine e pagine di documenti. Una vera e propria inchiesta, insomma, com’è del resto nello stile del giornalista premio Pulitzer.

E Trump cosa fa?

Risponde a modo suo, ovviamente. Scatena la sua furia su Twitter, lancia e rilancia accuse in ogni direzione, ostenta tutta la forza mediatica di cui dispone, rivolgendosi soprattutto alla sua base elettorale. La stessa che, ad ogni “spallata”, sembra sostenerlo con fare ancora più convinto.

Resta da capire se ed eventualmente come ha intenzione di cambiare la propria linea il Partito Repubblicano.

Le strade sono due: abbandonare un presidente che in fondo tra i palazzi del potere di Washington nessuno ha voluto mai e consegnare le chiavi del Congresso ai rivali dem. A dieci settimane dal voto di midterm, un’ipotesi alquanto improbabile.

O, viceversa, stringere i denti in una linea difensiva oramai fatta di giravolte, nella speranza di incassare una storica doppietta tra le elezioni presidenziali del 2016 e quelle di metà mandato dell’imminente autunno.

Luca Marfé, Il Mattino