(di Cesare Lanza per LaVerità) Scommettiamo che ci basterebbe poco per vivere serenamente? Eccovi le mie riflessioni, dopo aver ricevuto due messaggi, a proposito della mia passione per il Genoa. Il primo, perfido, è di un amico: preferisco non rivelarne il nome, per non esporlo all’ira o, più probabilmente, all’indignazione dei tifosi genoani: «Bisogna essere proprio citrulli, per fare il tifo per una squadra che non vince niente da 70 anni». Rispondo pacatamente: dire citrullo mi sembra esagerato, bastava definirmi utopista, ingenuo, illuso, romantico… Comunque, non mi va di discutere: libertà di opinioni innanzitutto (meglio senza insulti). La seconda lettera, firmata dall’insegnante Luigina Rubino, è tenerissima: «Caro Cesaretto, mi sei simpatico per l’abituale sobrietà: mi dai, in poche parole, la tua ricetta della felicità?». Eccola, ma felicità è una parola enorme, accontentiamoci di un’altra più accessibile: serenità. Dunque, mai invidiare gli altri e accontentarsi di ciò che si ha. Cara professoressa, non mi santifichi però: ci sono arrivato in tarda età, da quando mi batto contro una malattia oggettivamente grave, ma affrontabile. Per evitare la disperazione e gli egoismi, basta pensare a milioni, forse miliardi di creature (quanti bambini!) che soffrono in maniera ben più atroce. Accontentarsi di ciò che è poco e semplice: non so dare una ricetta, ma un esempio sì. Mi basta un pezzo di focaccia (ligure), un bicchiere di buon vino, un amico al tavolo o un libro – un classico, però – e qualche canzone di Fabrizio De André, per vivere una mattinata serena. Provare per credere: con i vostri libri e cantanti preferiti, naturalmente.