Di lavoro si parla sempre partendo dal mercato, dai numeri, dalle indagini e ricerche di mercato. Meno se ne parla partendo da chi il lavoro lo ha perduto e lo sta cercando.
Un’indagine di Swg – società specializzata in progettazione e realizzazione di ricerche di mercato, di opinione, istituzionali, studi di settore e osservatori – ha stabilito che è il contratto stabile rimane in all’apice delle aspirazioni degli italiani: è fondamentale per un italiano su due (49 per cento) e importante, per quanto non prioritario per un italiano su tre (39 per cento).
Il 67 per cento degli italiani (+6 per cento rispetto al 2016) ritiene che un lavoro stabile sia fondamentale per costruire un futuro meno carico di apprensioni o con qualche possibilità in più di progettare acquisti o vacanze; percentuale in calo tra 25 e 34 anni (63 per cento) e tra 35 e 44 anni (64 percento) per poi risalire nella fascia di età tra 45 e 64 anni (oltre il 70 per cento) e tornare a calare dopo i 64 anni (60 per cento). Chi avverte maggiormente il bisogno di poter contare su un posto fosso sono i giovani tra 18 e 24 anni (81 per cento).
Due italiani su dieci (19 per cento), invece, preferiscono rischiare e avviare un’attività in proprio.
Quali sono le aspirazioni di lavoro, espresse partendo dalle competenze di cui si è in possesso o che si stanno acquisendo (le risposte possibili erano al massimo tre)? Tre italiani su dieci opterebbero per un impiego nel settore pubblico (28 per cento, in crescita di 13 punti percentuali rispetto ad ottobre 2016). Anche se alla certezza del posto fisso – che si è visto sembra essere ancora oggi una priorità degli italiani – si accompagna il timore di vedere crescere negli anni la demotivazione del lavoro che si fa e la consapevolezza che fare carriera non sempre è facile.
Uno su dieci farebbe l’insegnante (12 per cento), il programmatore informatico e l’esperto in comunicazione digitale o social marketing (11 per cento), l’imprenditore (3 punti percentuali in meno rispetto a ottobre 2016), il dirigente d’azienda e il creativo in una società di comunicazione o designer (10 per cento). Di un nulla meno ambite le professioni di bancario (9 per cento), commerciante e artigiano con un negozio di proprietà (3 punti percentuali in meno rispetto a ottobre 2016), l’avvocato, il medico, il commercialista, il notaio, il ricercatore universitario e il lavoratore in un cooperativa sociale/educativa (8 per cento).
Repubblica.it