Parla il presidente e ad di Lottomatica: «Proibire cosa fa male non è una soluzione». «Il governo apra un tavolo sul decreto dignità, chiedo rispetto per chi lavora in questo settore»
Fabio Cairoli è presidente e amministratore delegato di Lottomatica. La società che si è aggiudicata importanti concessioni nei giochi come il Lotto e il Gratta&Vinci versando centinaia di milioni nelle casse pubbliche. Nel giorno della presentazione del bilancio sociale è in attesa di leggere il testo finale del “decreto dignità”. «La nostra società», spiega, «è probabilmente il primo contributore dello Stato con 3,8 miliardi di utile erariale».
Dottor Cairoli, non sono giorni facili per chi amministra una società di gioco.
«Sono preoccupato e turbato per i tempi che corrono». Per il divieto di pubblicità? «No, non per quello. Sulla pubblicità del gioco si può discutere. Ciò che mi preoccupa è l’atteggiamento contro il gioco».
Ed è sorpreso? Sono anni che il Movimento Cinque Stelle conduce una battaglia sotto la bandiera della ludopatia.
«Non sono sorpreso. Avrei solo sperato in un atteggiamento più realistico, più vicino alle cose. Mi faccio una domanda».
Quale?
«Chi sarà il prossimo».
Il prossimo?
«Sì, se l’idea che si ha è che una cosa che fa male va vietata, allora mi domando chi sarà il prossimo. In Italia c’è un serio problema di obesità infantile, vietiamo le merendine?».
Secondo lei la ludopatia non è un problema? «Certo che lo è. Su venti milioni di persone che giocano in modo sano, ci sono 20 mila malati certificati e qualche centinaio di migliaia di giocatori problematici. Ne siamo talmente consapevoli che noi questi problemi li combattiamo da prima e più seriamente di qualsiasi governo di turno. Occuparsi seriamente di queste cose significa però sedersi e parlare,ma non fa notizia».
Quello che pensa l’opinione pubblica su questi temi è importante.
«Guardi, se l’opinione pubblica si muovesse davvero sulle aziende stia certo che si farebbe sentire. Quanto è accaduto con l’olio di Palma fa storia. Si è diffusa la percezione che faceva male, il consumo è crollato e le aziende hanno reagito in molti casi eliminandolo dai loro prodotti. Nei giochi la domanda non è calata. Il gioco del resto, non fa male in sè, fare una puntata al lotto come fanno milioni di persone non crea danni alla salute. Il 90% del gioco non è problematico».
Difende l’attuale sistema di distribuzione dei giochi?
«No, quello va rivisto. È evidente a tutti, a noi per primi, che il problema nasce da una distribuzione eccessiva. Noi da tempo siamo i primi a dire che le slot machines, ad esempio, vanno ridotte. E poi, vuol sapere il paradosso qual è?». Celo dica. «Che le slot non fanno pubblicità. Il divieto colpirà soprattutto le scommesse on line, che sono le più sicure, dove bisogna registrare una carta di credito, dimostrare di essere maggiorenni e stabilire un limite massimo alle puntate».
Anche le lotterie soffriranno?
«Nel breve termine no. Poi se il Superenalotto non potrà più far conoscere il jackpot e il Gratta e Vinci fare informazione su un nuovo tagliando, è evidente che la raccolta calerà. Sarà un ulteriore problema per lo Stato quando dovrà rinnovare le concessioni, che avranno minor valore».
A proposito, il Tesoro solo qualche mese fa vi ha chiesto 800 milioni per rinnovare il Gratta&Vinci e voi avete accettato. Tornerebbe indietro, lo rifarebbe?
«Certo, consiglierei di nuovo ai miei azionisti le scelte fatte. Continuo a credere in questo Paese e in questo settore. Però…». Però? «Però in tutta questa vicenda una cosa mi ha sorpreso. Mi ha meravigliato la mancanza di rispetto per oltre 100 mila persone che lavorano nel settore dei giochi. Nell’azienda che conduco ci sono lavoratori spaventati, indicati come persone che rovinano la gente. Noi rappresentiamolo Stato e siamo un fronte rispetto all’illegalità. Mi aspetterei più rispetto soprattutto da chi nelle istituzioni è deputato a difendere il lavoro e l’occupazione ». Impugnerete il decreto? «Rappresento un’azienda che non ha una particolare attitudine al contenzioso con lo Stato. Sarebbe più utile sederci tutti intorno a un tavolo e discutere su come migliorare il tutto». E se non accade? «Voglio essere pragmatico. È interesse dello Stato discutere. Ci sono le gare per le scommesse, nel 2022 vanno a scadenza le concessioni delle slot. Ci sono decisioni importanti da prendere. E resto convinto che un una riforma del sistema che risponda a tutti gli interessi in gioco debba fondarsi sul dialogo e sul confronto tra le parti».
Andrea Bassi, Ilmessaggero.it