Ma il governo avrebbe dovuto attivare una convenzione con Abi, Poste, sindacati e datori di lavoro per diffondere la consapevolezza delle novità: non risulta sia stata avviata
Da luglio la busta paga non potrà più esser pagata in contanti. Scattano con il 1° del mese le regole fissate dall’ultima legge di Bilancio che obbligano i datori di lavoro a usare strumenti bancari tracciabili per remunerare i loro dipendenti. Restano al di fuori della norma i rapporti di lavoro con la Pubblica amministrazione, i lavoratori domestici come colf, baby sitter o badanti e i compensi per gli stage.
La norma è entrata promossa già da anni da Titti Di Salvo, che la brandiva come strumento per “prevenire gli abusi” ed evitare le “truffe” delle false buste paga, cioè il fenomeno per cui imprenditori “scorretti” corrispondono al lavoratore retribuzioni inferiori a quanto previsto dalla busta paga magari sotto il ricatto del licenziamento o della non assunzione. Nella norma si è anche precisato il concetto – già applicato di fatto in sede di contenzioso – che la sola firma della busta paga da parte dei lavoratori non costituisce più prova del pagamento dello stipendio.
La certezza dell’avvenuto pagamento regolare sarà data dagli strumenti per trasferire il denaro, a patto che non si inventino nuove forme di pressione sui lavoratori come il ricatto di restituire parte dell’incassato al datore di lavoro stesso. Da luglio, intanto, i mezzi ammessi per remunerare il lavoratore saranno soltanto un bonifico; gli strumenti di pagamento elettronico; i contanti, ma solo passando attraverso lo sportello bancario o postale dove il datore di lavoro abbia aperto un conto corrente di tesoreria, con mandato di pagamento; un assegno consegnato direttamente al lavoratore. In questo modo sarà garantita la tracciabilità del flusso di denaro.
Il nuovo obbligo si applica a “ogni rapporto di lavoro subordinato indipendentemente dalla durata e dalle modalità di svolgimento della prestazione lavorativa”, quindi anche ai contratti a tempo determinato, ai contratti part time, alle collaborazioni coordinate e continuative, al lavoro a intermittenza o a chiamata e a tutti i contratto instaurate dalle cooperative con i propri soci. Riguarderà anche gli eventuali anticipi o acconti e si prevedono sanzioni da 1.000 a 5.000 euro, riducibili di un terzo se si paga entro due mesi dalla contestazione.
L‘Ispettorato del Lavoro a fine maggio ha fissato anche le modalità che saranno adottate per contestare la violazione del pagamento degli stipendi esclusivamente con strumenti tracciabili. Con l’Abi, risulta, ha avviato anche un lavoro tecnico per agevolare il monitoraggio dell’applicazione della norma, andando a chiedere le informazioni utili alle banche per verificare l’esatta corrisponsione degli stipendi e l’andata a buon fine dei bonifici (in alcuni casi, potrebbero essere ordinati e poi revocati per sfuggire alle maglie dei controlli). Nessuna notizia ancora della convenzione che per legge doveva esser sottoscritta su iniziativa del Governo con i sindacati, Confindustria, le banche (Abi) e le Poste. Doveva servire a “individuare gli strumenti di comunicazione idonei a promuovere la conoscenza e la corretta attuazione” delle norme: il rischio è che gli stessi lavoratori non conoscano a fondo le tutele a loro favore.
Repubblica.it