Sapevate che restare più di due anni nella stessa azienda, può portare alla “depressione” del vostro stipendio?

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Restare nella stessa azienda per più di due anni – per fedeltà, per paura dei cambiamenti, perché privi di occasioni alternative – ha un prezzo. Il lavoratore statico e immobile deve mettere nel conto che guadagnerà il 50% di meno (in dieci anni di lavoro) rispetto a chi invece cambia impresa. Cameron Keng – opinionista del mensile statunitense Forbes – pensa anche che i cambi non debbano essere frenetici, continui. Il tempo giusto per lasciare la propria azienda arriva dopo 3 o 4 anni.

In un articolo per Internet, l’opinionista di Forbes spiega che le società migliori, anche se investono molto nelle tecnologie, hanno ben presente il valore del capitale umano. Vanno a caccia dei migliori talenti e, quando sono certi di averli trovati, non esitano a pagare per aggiudicarseli. Queste stesse società possono snobbare i propri dipendenti (succede a volte, non sempre) e riconoscono loro aumenti di stipendio di routine e comunque contenuti, quando pure li riconoscono.

Nel 2014, ad esempio, i dipendenti del settore privato (siamo negli Stati Uniti) hanno strappato aumenti medi del 3%. Nelle imprese più avare, lo stipendio è cesciuto a malapena dell’1,3%. Importi modesti anche perché l’inflazione al 2,1% erode o addirittura azzera queste maggiorazioni in busta paga. Viceversa chi viene contattato da un’altra impresa può strappare aumenti tra il 10 e il 20%.

E’ tutta una questione di potere contrattuale. Il dipendente fedele, quando reclama una gratifica, si sente dire che la crisi resta forte e lega le mani alla società, che non può permettersi elargizioni. Chi invece riceve un’offerta detta le sue condizioni e spesso ha la meglio.

Cambiare, dunque, fa bene al portafogli. Ma praticare il “job hopping” non è sempre opportuno. “Job hopping” significa cambiare azienda in continuazione, come amano fare i lavoratori giovanissimi della generazione Millennials. Secondo il social del professionisti LinkedIn, i professionisti statunitensi sotto i 30 anni sono arrivati a spostarsi 2,86 volte nei primi 5 anni di lavoro.

Ora, Forbes cita Christine Mueller, presidente di TechniSearch Recruiters, una società di cacciatori di teste. Questa società cerca manager di qualità. per conto di altre società. Spiega Mueller che i suoi clienti, spesso, le chiedono espressamente di escludere persone che abbiano cambiato impresa più di tre volte in 10 anni.

Il motivo è chiaro. Chi cambia troppo dà la sensazione di essere votato all’infedeltà e di arrivare in una azienda con la testa già alla prossima dove trasferirsi. Questi “infedeli” peraltro sono sospettati di arrivare in un’azienda, di acquisire in pochi mesi le sue conoscenze e i suoi segreti, per poi proporsi ai concorrenti.

Per la cacciatrice di teste Christine Mueller, un dipendente dovrebbe lasciare il suo lavoro per un altro dopo almeno 4 anni. E’ più serio così.

Repubblica.it