La Lega lascia la presidenza di Palazzo Madama all’alleato e in cambio candida Fedriga in Friuli. I pentastellati: niente indagati. Il Pd si tira fuori: esito già scritto
La presidenza della Camera al M5S, quella del Senato al centrodestra. Più precisamente a Forza Italia, mentre la Lega guadagna per il suo capogruppo uscente Massimiliano Fedriga la candidatura alla guida della regione Friuli Venezia Giulia. La lunga giornata di trattative incrociate culmina nel vertice di Palazzo Grazioli fra Salvini, Berlusconi e Meloni, da cui esce questo schema di gioco, corredato dalla garanzia di un vicepresidente per chi, come il Pd, non otterrà alcuno scranno più alto, e l’invito a tutte le forze politiche «a un incontro congiunto». Un accordo che non accontenta né i Cinquestelle, indisponibili a votare il forzista Paolo Romani a capo di Palazzo Madama, né i dem: «Non partecipiamo a incontri i cui esiti sono già scritti».
M5S: no a Romani
«Noi non abbiamo fatto nomi ma abbiamo sancito un principio democratico – commenta a seraprincipio democratico Salvini – spero che tutti accettino, significa anche per la Lega rinunciare a qualcosa. Ora telefonerò a tutti: a Di Maio, Martina e Grasso», fa sapere. Ma la risposta arriva direttamente via agenzia poco dopo la conclusione del vertice con i suoi alleati, e non è incoraggiante. «Vogliamo dare il via a questa legislatura, per questo ci siamo confrontati e continueremo a farlo con tutte le forze politiche. Allo stesso tempo però non veniamo meno ai nostri principi, per cui non voteremo persone indagate o sotto processo», fanno sapere i capigruppo stellati, Danilo Toninelli e Giulia Grillo. Il riferimento, già fatto nei giorni scorsi da Di Maio, non è casuale: nel mirino del Movimento è il candidato numero uno di Forza Italia al Senato, come ribadito ieri dall’ex Cavaliere in una riunione con alcuni big del partito, cioè il capogruppo uscente Paolo Romani, coinvolto in un processo per peculato. «Per noi è invotabile», chiarisce il deputato grillino Matteo Mantero. Seconda candidata, con quotazioni in salita, l’ex ministra Anna Maria Bernini; più difficile che la scelta ricada su Maria Elisabetta Casellati o Maurizio Gasparri. Oggi Di Maio riunirà tutti gli eletti del suo partito: verrà indicato il nome del Movimento per la presidenza della Camera. In prima battuta sarà il leader degli ortodossi Roberto Fico, con la disponibilità però a passare oltre sull’altare dell’accordo col centrodestra: il candidato in pole position è il fedelissimo di Di Maio Riccardo Fraccaro.
I dem in attesa
«Non ci sono le condizioni perché il Pd partecipi a un incontro i cui esiti sono già decisi», dichiara in serata il reggente dei dem Maurizio Martina, alla sede nazionale del partito per incontrare big e dirigenti. Per la prima volta da cinque anni a questa parte, non erano previsti alla riunione né Matteo Renzi né i petali più importanti del giglio magico, la Boschi e Luca Lotti. Presente invece Lorenzo Guerini, il mediatore per eccellenza di Largo del Nazareno, che ieri mattina ha incontrato prima i forzisti Brunetta e Romani («il Pd è una forza importante in questo Parlamento, deve essere coinvolto nell’accordo a cui si sta lavorando», dichiarano alla fine i due berlusconiani), e poi il deputato di LeU Roberto Speranza. Per oggi alle 18 è prevista la prima riunione degli eletti dem, in cui si discuterà anche di presidenze. Da giorni il Pd va dicendo che valuterà i nomi proposti, che siano «di garanzia» e «profili autorevoli»: ma non c’è disponibilità a ratificare l’intesa proposta dal centrodestra. «Se c’è già un accordo sulle presidenze da parte di qualcuno, è bene che chi l’ha fatto se ne assuma tutta la responsabilità», le poche parole di chiusura. C’è ancora oggi per cercare una convergenza sui nomi. Da domattina, si parte coi voti.
di Francesca Schianchi, La Stampa