Come primo atto da governatore rieletto, l’esponente dem ha incontrato la sindaca di Roma. Una scelta non casuale, che arriva dopo anni di tensioni e negli stessi giorni della sua candidatura alla segreteria dei democratici. Per questo motivo la regione della capitale d’Italia potrebbe ospitare le prove generali dell’interlocuzione tra pentastellati e dem. Un’operazione fondamentale che arriva nei giorni delle trattative per formare un nuovo governo.
Parola d’ordine: convergenza. “Tematica” e “politica”, a detta dei protagonisti. La mossa? Un serrato tentativo di disgelo con il Movimento 5 stelle e il recupero di un centrosinistra romano logorato dalle divisioni interne. L’obiettivo finale: costruire un “blocco Roma” in grado di sostenere la scalata alla segreteria nazionale del Pd. Purché si vada a congresso non prima di un anno. E, ovviamente, blindare la propria non-maggioranza in Regione. Come suo solito, Nicola Zingaretti a parole lascia sgusciare via il tema della candidatura al congresso Dem – ufficializzata fra mille pudori in un’intervista a Repubblica– ma il lavoro politico è già ben avviato. Un lavoro che sarà nazionale, attraverso la tessitura di relazioni con esponenti di spicco del Pd – Sergio Chiamparino,Maurizio Martina e Andrea Orlando –ma soprattutto locale. E che potrebbe far diventare il Lazio laboratorio politico nazionale sul fronte dell’interlocuzione tra i dem e il Movimento 5 stelle: un’operazione fondamentale che arriva nei giorni delle trattative per formare un nuovo governo. E che vede da una parte il Pd alla ricerca di una nuova guida, dopo le dimissioni al rallentatore di Matteo Renzi. E dall’altra i pentastellati bisognosi di appoggi in Parlamento per vare il loro esecutivo. Non è un caso che il primo atto istituzionale da presidente rieletto della Regione Lazio sia stato quello di incontrare la sindaca di Roma, Virginia Raggi, questa mattina in Campidoglio. Un vertice in cui si sono affrontate “tutte le questioni aperte” fra il comune e la Regione, dai rifiuti – la più importante – alla rigenerazione urbana, passando per le ferrovie concesse (Roma-Lido e Roma-Viterbo), le partite debitorie fra Atac e Cotral, le infrastrutture (stadio della Roma in primis) e, non ultimo, l’emergenza abitativa. Sul piatto, ad esempio, la “convergenza”, per “un piano del riuso e del riciclo”, fino a ieri – va detto – deriso dai vertici regionali, ma che oggi sta molto a cuore al gruppo pentastellato alla Pisana. “Avremo bisogno di una collaborazione anche politica – ha spiegato Zingaretti – che aiuti a superare tanti problemi, lavoreremo per darci degli strumenti quotidiani per una massima collaborazione. Dobbiamo superare i rischi di immobilismo”. Parole chiare, che lasciano intendere una “convergenza tematica” (sarà un caso che Virginia Raggi abbia utilizzato le stesse parole di Luigi Di Maio?) fra Pd e M5S. Un incontro propedeutico alla previsione di fondi che, poi, andranno iscritti nella legge regionale di bilancio, ai voti presumibilmente ad aprile: in quella sede, per via dell’ “anatra zoppa” che costringe la maggioranza di centrosinistra ad essere in realtà minoranza (25 consiglieri contro 26) servirà l’appoggio esterno o quantomeno l’astensione dei consiglieri pentastellati, forse quelli più predisposti – per loro stessa ammissione – a convergere sui temi. Anche per allontanare i timori di dimissioni di massa dei consiglieri d’opposizione (con sfiducia al seguito) che serpeggia nelle segreterie. Già oggi Zingaretti inizierà il suo giro di consultazioni con i riferimenti di opposizione e forze politiche alleate.
Non c’e’ solo la tenuta della Regione e la possibile “convergenza sui temi” con il M5s. Il governatore dem è uno dei pochi nel Pd ad essersi reso conto, analizzando il risultato elettorale del 4 marzo, che Virginia Raggi ha ancora una forte linea di credito nella Capitale. In questo senso, un patto di collaborazione istituzionale con la prima cittadina potrebbe consentirgli di trovare il plauso di quei mondi – sindacati, categorie produttive, associazioni, onlus, comitati – rimasti fortemente indispettiti dal prolungato scontro avvenuto con il ministro dello Sviluppo, Carlo Calenda (suo possibile competitor nella scalata interna al Pd). La linea del disgelo è stata in parte tracciata durante in primo incontro fra Zingaretti e i neo-eletti del centrosinistra. Il governatore ha chiesto la massima collaborazione ai suoi, ribadendo la ferma volontà di non pescare fra i consiglieri i nuovi assessori. Prova della nuova stagione di dialogo con i pentastellati la volontà di riconfermare sì Daniele Leodori a capo del Consiglio, ma anche quella di assegnare la vicepresidenza al M5s (la pometina Valentina Corrado in pole), lasciando a Forza Italia il segretario d’Aula (Adriano Palozzi?).
Ma la partita per arrivare al vertice del Nazareno è soprattutto interna. Segnali importanti in questi giorni sono arrivati dai Giovani Turchi, la comunità politica che fa da sempre capo a Matteo Orfini. In un’intervista rilasciata al portale LazioInformazione.info, il neo-deputato Claudio Mancini – storico braccio destro del presidente Dem – ha elogiato Zingaretti, affermando che “il dato della Regione Lazio è anche frutto del suo consenso” e avvertendo che “nessuno pensi di utilizzare l’utilità marginale di essere il ventiseiesimo consigliere di maggioranza per ricattare Zingaretti e il Pd”. E ancora, Mancini ha attaccato la franceschiniana Michela Di Biase e il renziano Roberto Giachetti, rei di spingere per mantenere il doppio incarico in Parlamento e rispettivamente in Campidoglio e Regione. Un tema, quest’ultimo, che sta facendo molto discutere nel Pd Roma, a cominciare dalla riunione di segreteria svoltasi nel pomeriggio di martedì. A soffrire di più dell’entusiasmo sviluppatosi attorno al governatore sembrano invece essere i cosiddetti turborenziani. L’autocandidatura di Giachetti alla segreteria nazionale è stata letta nella Capitale proprio come un dispetto a Nicola, mentre sta facendo il giro del web il like su facebook messo dal segretario del Pd Roma, Andrea Casu, a un post di Enrico Mentana che criticava proprio la decisione di Zingaretti.
I prossimi eventi saranno molto indicativi. Innanzitutto la nuova nomina nuovo capogruppo in Campidoglio, che sarà probabilmente Antongiulio Pelonzi, un “area dem” vicino agli zingarettiani, una figura di raccordo fra le anime del centrosinistra e di forte distensione con il M5s – al contrario della dimissionaria Michela Di Biase – Poi la formazione della nuova Giunta Zingaretti, dove gli incarichi andranno pesati, lasciando probabilmente la vicepresidenze a Massimiliano Smeriglio (ex Sel e leader politico della Lista Civica) e assegnando un assessorato di peso a Liberi e Uguali (Paolo Cento o Giulia Urso). Quindi, a stretto giro, le candidature per le presidenze dei Municipi 3 (Montesacro) e 8 (Garbatella), una delle quali dovrebbe spettare ai renziani. Riuscirà la scalata? Di certo, al momento, c’e’ solo l’appello unanime dei suoi sostenitori: “Caro Nicola, ora smetti di fare il pavido e mettiti in gioco”.
Vincenzo Bisbiglia,ilFattoQuotidinao