Giornalisti di ieri e di oggi… E quelli che hanno lasciato il segno

Share

Da sinistra, Luigi Bisignani e Cesare Lanza durante la presentazione del libro “Nel nome di Kafka, l’assicuratore”

Caro direttore, solo un fuoriclasse tutto genio e sregolatezza come Cesare Lanza, che di articoli, libri e tv ha fatto la propria identità, autore di epiche trasmissioni televisive della domenica, «annusatore» di scoop come pochi, la cui vocazione però, da sempre, è scoprire talenti tanto da fondare un’Accademia, poteva permettersi di scrivere in modo puntuale ed irriverente questa spassosa guida ai giornalisti d’Italia: «Ecco la (nostra) stampa bellezza!» € 12,00 pagine 205 – Edizioni La Vela. Di talenti, giornalistici o meno, il grande Lanza ne ha scovati molti, a cominciare da Ferruccio de Bortoli, Gian Antonio Stella, Massimo Donelli, Gigi Moncalvo, al mitico Edoardo Raspelli. Dall’alto dei suoi 60 anni di mestiere, ha visto passare arrampicatori, ribelli, implacabili cacciatori di notizie, opportunisti e grandi organizzatori di redazioni, e li ha tradotti in un «manuale» da tenere sul comodino. Uno strumento divertente per conoscere l’ «argomento» perché è sempre utile capire cosa si cela dietro ogni firma. Soprattutto per i più giovani. Dai giganti di una volta: a cominciare dal più penetrante dei direttori, Arrigo Benedetti, poi Montanelli, Palumbo, Ghirelli, Brera, a quelli di oggi, che chissà se saranno ricordati con la dovuta riverenza portata ai primi. Intanto però c’è Lanza, a farne un ritratto, li ha conosciuti personalmente. Come Paolo Mieli, un direttore di potere dall’intelligenza superiore e con meccanismi mentali pindarici, di indiscutibile cultura e rara qualità divulgativa. Passando poi ad un altro direttore di potere, Vittorio Feltri senza dubbio il giornalista più grande nel fiutare gli umori popolari. O il suo opposto Marco Travaglio che, non si direbbe ma adora Renato Zero e il karaoke ed ha pure una bellissima voce. Un suo limite, giornalisticamente parlando secondo Lanza, è essere un po’ tribuno. Magari per distinguersi dal suo predecessore a Il Fatto Quoditiano, Antonio Padellaro, corretto e misurato direttore anche all’Unità. Un giornalista equilibrato e orgoglioso. Le righe che Lanza dedica a Giulio Anselmi, presidente Ansa e FIEG, sono di un affetto profondo, secondo l’autore, la direzione del Corriere della Sera l’avrebbe meritata. Passando al pluridirettore per antonomasia, Ferruccio de Bortoli, le parole diventano un malinconico rammarico: «Un dirigente nato, arrivava in redazione (anni ’70) in blazer blu, i suoi coetanei in jeans e maglietta», Lanza crede che poteva concedersi di più e sarebbe stato perfetto. E che dire del dirompente Giuliano Ferrara? Ci sono i giornalisti, poi c’è Ferrara. Qualità superiore. Principe della scrittura. Ferrara fa tutto e lo fa prima degli altri, anche cedere la direzione di un giornale ad un poco più che trentenne Claudio Cerasa, che arrivava dalla cronaca, informata e intelligente, dei retroscena politici. Quelli che ama Enrico Mentana, instancabile maratoneta tv, secondo Lanza di un esagerata qualità professionale, quasi d’altri tempi. E a parlare di tv, si arriva a Mario Orfeo, oggi direttore generale Rai, uno che non commette errori e sa evitare trappole. Non come il bravo Nicola Porro bella presenza, competente, rispettoso, ma che non ha avuto un buon trattamento in Rai: «se non sei ‘de sinistra’ sei penalizzato in partenza». A completare il quadro, due talenti fuori classifica, Roberto D’Agostino, Dagospia docet!. Il signore del web. Di lui, scrive Lanza, non mi piace solo una cosa: la barba troppo lunga. E Massimo Bordin, non si può fare a meno delle meravigliose rassegne stampa su Radio Radicale con la sua voce roca. Molto selettivo nei rapporti. L’autore ricorda che tenne testa a Marco Pannella preferendo dimettersi. Senza guinzaglio. Scorrendo il libro troviamo anche le donne, non tante come ce ne sarebbe bisogno, ma su alcune delle quali il lettore scoprirà l’aspetto combattente e caparbio per portare avanti un mestiere così difficile. Barbara Palombelli in primis. Sorniona, eclettica, con il senso dei tempi e delle battute: Ma soprattutto della misura. Il suo aggettivo per Lanza è: affidabile. Un’altra signora del piccolo schermo è Paola Ferrari. Competente, piacevole, in conflitto con i numerosi intrappolatori dell’azienda di stato. Energica. Elogi da Lanza anche per Melania Rizzoli piena di qualità fuori da comune. Nota per la sua totale indipendenza mentale che dovrebbe essere valorizzata. Ma questa è la (nostra) stampa bellezza!

Luigi Bisignani, Il Tempo