tropicali. L’ipotesi di Wei e Lu però ha un altro tipo d’impatto perché loro la mettono in collegamento con la minaccia posta dal riscaldamento globale, scrivendo: “Come il cambiamento climatico prosegue attorno al mondo, potremmo anche osservare concomitanti cambiamenti nella personalità umana”. I due sparano parecchio alto. Associano due tipologie di dati molto distanti tra loro, ma manca per ora il nesso causale. Si potrebbe anche dimostrare un’associazione tra temperature ambientali alte e il consumo di gelato – e quindi tra gelato ed emotività – ma non per questo sarebbe ragionevole pensare che coni e “stecchi” determinino le personalità collettive dei popoli. Tuttavia, un’altra ricerca – con un campione molto più omogeneo – sembra indicare una forte relazione tra le temperature subite dai bambini in grembo e nella prima infanzia e il loro eventuale reddito. Maya Rossin-Slater, della Stanford University, e la sua equipe hanno analizzato dati Usa relativi al numero di giorni caldi vissuti tra la gestazione e il primo anno di vita dai nati in un dato giorno, paragonando questi con altre nascite nella stessa data e località ma in un anno diverso, andando poi ad esaminare i loro guadagni da adulto. Risulta che un singolo giorno di esposizione durante la prima fase di sviluppo a una temperatura media giornaliera superiore ai 32 gradi “costerebbe” statisticamente al nascituro circa $430 di reddito nel corso della vita. Non è molto, ma se per ora l’americano medio è esposto nell’arco dell’anno a un’unica giornata a quelle temperature, i climatologi più allarmati dal riscaldamento terrestre prevedono per la fine di questo secolo 43 giornate di gran caldo annualmente negli Usa. Il pericolo -se è tale – è comunque lontano e le ricerche sicuramente preliminari. Ciò che emerge soprattutto è che la nuova abbondanza di dati astratti, e di computer disponibili per digerirli, pare certamente destinata a incrementare di molto le cose di cui possiamo – volendo – preoccuparci.
James Hansen, Nota Diplomatica