Ieri il rendimento dei Treasury in risalita ha mandato in rosso Wall Street. I falchi della Bce premono per la fine immediata del Qe, poi la divisa unica ritraccia. Il Bitcoin scende a 8mila dollari
Le Borse trattano in rosso dopo la giornata interlocutoria dei listini asiatici che hanno digerito a fatica alcune trimestrali Usa non proprio brillanti. Se Amazon ha staccato un record dietro l’altro, Google non ha fatto benissimo e Apple – pur in tenuta dal punto di vista dei conti – ha mostrato un calo delle vendite di iPhone. Nella mente degli investitori c’è poi sempre la preoccupazione di una crescita dei tassi sul mercato obbligazionario statunitense, attesa da tempo ma ancora foriera di incertezza. Una indicazione in questo senso è comunque arrivata dalla forte crescita del lavoro e dei salari Usa. Milano perde lo 0,9%, Londra cede lo 0,35%, Parigi scivola dell’1,2% e Francoforte dell’1,3%. Wall Street apre in ribasso ma riduce un po’ le perdite accumulate nel prelistino. Il Dow Jones cede lo 0,73% a 26.994,60 punti, lo S&P lo 0,53% a 2.807 punti e il Nasdaq lo 0,38% a 7.357 punti. In rilievo i dati del rapporto sull’occupazione americana: l’economia Usa ha creato nel mese di gennaio 200 mila nuovi posti di lavoro, al di sopra delle attese che erano di circa 177 mila. Il tasso di disoccupazione resta stabile al 4,1%, il livello più basso dal dicembre 2010. Il dato importante è quello della crescita dei salari, dalla quale si generano le pressioni inflattive monitorate dalla Fed: i salari orari sono saliti dello 0,34% (o di 0,09 dollari) su base mensile a 26,74 dollari, più del +0,2% atteso. Su base annuale sono saliti del 2,9%, sopra il range tra 1,9 e 2,2% segnato dal 2012 in poi e oltre la media del 2% degli ultimi sei anni. Si aspettano anche fiducia delle famiglie e ordinativi industriali. I listini Usa avevano girato in rosso quando il rendimento del Treasury a 30 anni ha superato il 3% per la prima volta dallo scorso maggio. Le stime della Fed per una ripresa dell’inflazione, come indicato nella riunione del 31 gennaio, fanno temere un rialzo dei tassi più rapido del previsto.
Lo spread tra Btp e Bund conferma l’insensibilità all’incertezza elettorale ed è stabile sotto 130 punti, con il decennale italiano che rende meno del 2% sul mercato secondario. L’euro frena, dopo essere balzato sopra 1,25 dollari. Il biglietto verde si rinvigorisce, dopo i dati sull’occupazione. La moneta europea passa di mano a 1,2444, dopo aver raggiunto in precedenza un massimo di 1,2525 dollari. Euro/yen sale a 137,39 e dollaro/yen in crescita a 110,39. Il prezzo del Bitcoin scende ancora e scivola verso 8mila dollari, dopo che a metà dicembre era volato quasi a 20.000 dollari. Dal punto di vista macro, il dato italiano più atteso era quello dell’inflazione che rallenta a gennaio. Come accennato, i mercati azionari asiatici e dell’area del Pacifico hanno chiuso deboli con bruschi cali tra i titoli tecnologici dopo alcuni segnali negativi dai conti dei colossi statunitensi del settore: Tokyo ha chiuso in calo dello 0,9%, peggio hanno fatto Seul (-1,6%) dove il comparto hi tech pesa particolarmente e Mumbai, che sta concludendo la seduta in ribasso dell’1,3%. Tiene Singapore (-0,1%), positiva Giakarta (+0,6%) con Shanghai (+0,4%) e anche Hong Kong, che si avvia alla fine degli scambi in marginale rialzo.
Il prezzo del petrolio è sceso leggermente a New York, con l’indice Wti per la consegna a marzo ha mostrato in apertura una flessione di 10 centesimi a 65,70 dollari al barile sul New York Mercantile Exchange. Prezzi dell’oro stabili sui mercati asiatici dopo la crescita della vigilia: il lingotto con consegna immediata passa di mano a 1.347 dollari l’oncia.
La Repubblica