Il pentastellato in un’intervista all’agenzia tedesca Dpa afferma di aver solo espresso perplessità sulla trasparenza delle organizzazioni ma lo scrittore recuperando i post del politico smentisce e, anzi, chiede conto al procuratore di Catania Zuccaro dell’indagine conoscitiva portata avanti su questo argomento
È botta e risposta su Fb tra Roberto Saviano e il candidato premier M5s Luigi Di Maio: “Non ho mai detto che le Ong siano taxi del mare“, si legge nell’intervista di Di Maio all’agenzia tedesca Dpa. “Ho detto, sulla base di argomentazioni e indagini di alcuni pm italiani, che alcune ong difettano di trasparenza. Dovremmo verificare se stiano salvando o trasportando migranti, il che è molto diverso”.
Un’affermazione che però non è andata giù a Saviano, che in un lungo post chiede conto al procuratore di Catania Carmelo Zuccaro dell’indagine sulle ong che operano nel Mediteranneo: “Da nove mesi aspettiamo di sapere cosa ne sia stato del fascicolo conoscitivo sulle 7 ONG attive nel Mediterraneo con le loro 13 imbarcazioni che ha tanto pubblicizzato lo scorso aprile” e coglie l’occasione per ribattere punto su punto alle affermazioni (e smentite) di Di Maio, ricostruendo, a partire da aprile le vicende che hanno portato il pentastellato a definire le ong “taxi del mare”, linkando i post pubblicati da Di Maio, sulla scorta delle dichiarazioni di Zuccaro.
Saviano prosegue arrivando ai post in cui Di Maio gli dà dell’ignorante e lo invita a “chiedere scusa agli italiani per aver difeso le ong dai suoi proditori e immotivati attacchi, dai sospetti senza seguito di Zuccaro e dalle azioni di Minniti“. L’autore di Gomorra rispedisce al mittente le accuse e anzi chiede al candidato premier di chiedere scusa, lui, per “aver gettato discredito su organizzazioni che al più sono sotto processo per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Chieda scusa per aver fatto campagna elettorale (e questo governo, con Minniti, dopo di lui) sulla pelle di chi sta male, di chi merita una mano tesa e non le tante menzogne prodotte”.
La Repubblica