Le telecamere nascoste di Project Veritas, la testata del discusso James O’Keefe, raccolgono le confessioni dei dipendenti a cena e al bar. “Sappiamo molto dei nostri utenti, ma non arriviamo ai livelli di Google e Facebook”
Stavolta la vittima è Twitter. In una serie di riprese fatte di nascosto, alcuni dipendenti con cariche di medio e alto livello, raccontano come scandaglino i profili delle persone e i loro messaggi personali in cerca di foto di apparati genitali o scabrose. In un bar si sente Clay Haynes, senior network security engineer, dire: “C’è un team di tre o quattrocento persone dedicato a questo”. Un altro impiegato, Mihai Florea, afferma: “Non siamo inquietanti come Facebook e Google, ma sappiamo parecchie cose”.
Abbiamo chiesto direttamente a Twitter se conferma che le persone viste nel breve documentario lavorano effettivamente nel social network. La risposta è questa: “Le persone raffigurate in questo video stavano parlando a titolo personale e non rappresentano o parlano per Twitter. Deploriamo le tattiche ingannevoli e subdole con le quali è stato ottenuto il filmato e la narrativa predeterminata. Twitter si impegna a far rispettare le nostre regole e a promuovere ogni voce sulla nostra piattaforma, in conformità con le regole della compagnia”.
Che la pluralità sia garantita anche contro ogni ragionevole dubbio è un dato di fatto. Basti pensare ai bot russi attivi durante la campagna presidenziale americana e alla proliferazione di messaggi di odio che vengono pubblicati senza alcun filtro in nome della neutralità della piattaforma. Ma qui il punto è un altro: la possibilità da parte dei dipendenti di sondare perfino i messaggi privati, le foto e i video.
In realtà, come spiega Pranay Singh, direct messaging engineer, “è un algoritmo a sondare i messaggi e a creare un profilo virtuale dell’utente”. L’accusa di Project Veritas è che venga fatto per rendere gli spot pubblicitari più efficaci. Lo spettro, o la certezza, è quella dell’esistenza del Grande Fratello che della privacy se ne infischia. “Tutto o quasi resta sui nostri server, comprese le cose più compromettenti”, ammette Clay Haynes. E il giornalista a quel punto si chiede cosa potrebbe succedere se quei dati venissero rubati e divenissero pubblici. Ma, come conclude James O’Keefe, il problema è che Twitter non è l’unico Grande Fratello in circolazione. E non è nemmeno il più importante.
Jaime D’Alessandro, Repubblica.it