Il colosso dell’acciaio apre. Pende il verdetto Ue, quattro mesi per trattare
Ilva riprende a trattare dopo lo strappo azienda-governo. Le diplomazie cercano il punto di partenza più corretto dal quale riavviare il negoziato. E tocca al giovane Aditya Mittal, direttore finanziario e responsabile Europa di ArcelorMittal, azionista all’85% di Am Investco, lanciare un messaggio distensivo: «Vogliamo trovare una soluzione insieme a governo, istituzioni locali e sindacati per un futuro sostenibile di Ilva», dice al forum di Conftrasporto di Cernobbio. Mittal lancia segnali distensivi in due direzioni: rimarcando l’interesse a Ilva «a lungo termine»; squadernando le criticità che affiancano quella dell’occupazione, dalle bonifiche ambientali alla logistica di aree e porti.
Ilva è «tra le acciaierie in Europa che ha un’ubicazione migliore. – dice Mittal – Una delle cose che ci piace molto, e che ci è piaciuta moltissimo al momento dell’acquisizione, è che c’è un porto profondo, ha trasporti interni ed esteri di altissima qualità, ha una connessione marittima diretta con Genova che una volta completata ci permetterà di abbassare ulteriormente i costi di trasporto». Il manager lancia un messaggio, conscio anche degli obblighi che l’Italia ha verso Bruxelles. Entro la fine di febbraio devono arrivare due verdetti dall’Antitrust Ue: uno riguarda gli aiuti di Stato ricevuti dall’Ilva, l’altro una procedura ancora in corso sulle emissioni inquinanti. Solo se entrambi i verdetti saranno positivi lo Stato potrà consegnare ad Am le chiavi degli stabilimenti di Genova, Taranto e Novi Ligure. Da qui a febbraio, è insomma il messaggio, c’è tutto il tempo per trattare e porre le basi per «l’impegno a lungo termine». Il giorno dopo lo sciopero le diplomazie lavorano per riallacciare i fili.
Il viceministro Teresa Bellanova sul sito del Pd scrive: «Tornare al tavolo con il piede giusto, lo spazio di trattativa esiste, a noi la capacità di articolarlo». E sui salari dice: «La difesa del salario coincide con quella di professionalità che hanno fatto dell’Ilva una delle più grandi fabbriche del mondo».
Quanto all’ipotesi di sfilare l’Ilva ad Am – per darla magari ad AcciaItalia – in molti fanno notare che «comporterebbe una lunghissima trafila giudiziaria». Fonti vicine al dossier spiegano che piuttosto sarebbe «più percorribile un coinvolgimento di Cdp nella cordata che si è aggiudicata la gara». Si tornerebbe al ruolo di anchor investor, con una quota di minoranza. Via Goito risponde con un «no comment», ma è evidente un’operazione del genere potrebbe andare in porto solo se ci fosse la disponibilità di Am a cedere una quota del capitale.
Gilda Ferrari e Alberto Quadrati, La Stampa