Oltre 350 negozi vendono l’erba che non sballa: un affare da 40 milioni. La normativa rimane ambigua. Gli esperti: «È comunque dannosa per la salute»
Sull’insegna c’è una sagoma con la foglia verde a sette punte. In vetrina biscotti, pasta, cosmetici ed energy drink. Tutto a base di canapa. Una madre varca la soglia del negozio con il figlio e chiede informazioni al commesso, indicando una teca con le infiorescenze. La cosiddetta cannabis light. Da Torino a Reggio Calabria, è una scena che si ripete sempre più spesso. La marijuana legale – con Thc, il principio attivo, non superiore allo 0,2% come da legge – sta conquistando il mercato. Convincendo anche i genitori dei giovani. «Se proprio vogliono farsi le canne, meglio un prodotto controllato. Senza pensare ai pericoli di acquistare dai pusher per strada», è il ragionamento di Maria, 43 anni, madre torinese di un 20enne. E il fenomeno inizia ad allargarsi: sono circa 350 i negozi in cui si vende l’erba legale per un giro d’affari stimato in 40 milioni di euro.
«Siamo aperti da giugno ma sono arrivati subito molti genitori con figli», racconta Alberto Valsecchi, uno dei soci di Hemp Embassy a Milano. Una fetta che, stima, rappresenta il 15% della clientela. La tendenza è in aumento anche secondo Luigi Mantuano del Canapa Caffé di Roma: «L’altro giorno è venuta la mamma di un figlio malato, che voleva fargli provare l’erba con basso Thc». La cannabis light non ha effetti psicotropi (creati da alti livelli di Thc), ma fumata, avvertono gli esperti, è comunque dannosa per la salute.
La Stampa