Le accuse rientrano nelle indagini sui contatti con la Russia, guidate dal procuratore speciale Robert Mueller
L’ex consigliere per la sicurezza nazionale di Donald Trump, Michael Flynn, si è dichiarato colpevole di aver mentito all’Fbi, dopo essere stato formalmente accusato di aver reso dichiarazioni false sui suoi contatti con la Russia. E’ il “pesce più grosso” che sia finito nella rete dell’indagine sul Russiagate, almeno finora. L’uomo che fu il primo consigliere per la sicurezza nazionale di Trump, con accesso a tutti i segreti dell’intelligence americana, è stato formalmente incriminato. Il generale Flynn ha ricevuto notifica dell’incriminazione dallo Special Counsel, il superprocuratore indipendente Robert Mueller che porta avanti l’indagine su incarico del Dipartimento di Giustizia. L’accusa è di aver mentito all’Fbi nel corso di una deposizione sotto giuramento, riguardo al contenuto di un incontro che Flynn ebbe con l’ambasciatore russo.
Altrettanto importante di questa incriminazione, è che il generale abbia accettato di riconoscere la propria colpevolezza. Questo significa che i suoi legali hanno cominciato a patteggiare col procuratore Mueller. Non a caso già qualche giorno fa si era saputo che la squadra legale dei difensori di Flynn aveva cessato ogni comunicazione con la Casa Bianca: questa è una pre-condizione per collaborare con l’accusa.
Flynn si è presentato in tribunale oggi per rispondere di “false e fraudolente dichiarazioni” fornite al Fbi. E’ presto per dire se questo avrà delle conseguenze sul presidente stesso, ma di certo con Flynn il cerchio si stringe e l’indagine arriva sempre più vicina a Trump.
Federico Rampini, Repubblica.it