Bolzano e Trento ancora in testa alla classifica della qualità della vita 2017. E i primi dieci posti della classifica tutti occupati da città del Nordest. Questi i risultati più appariscenti dell’annuale ricerca curata dal dipartimento di statistiche economiche dell’Università La Sapienza di Roma per ItaliaOggi, con il supporto di Cattolica Assicurazioni.
Ma a un’analisi più attenta la classifica finale rivela altre interessanti informazioni: innanzitutto si conferma che il benessere non abita nei grandi agglomerati urbani. Ai primi posti si trovano infatti solo città di piccole e medie dimensioni, tanto che per trovare un capoluogo di regione bisogna scendere fino alla trentasettesima posizione, occupata da Firenze, che non è certo una megalopoli. E qualcosa vorrà pur dire se tutte le città più grandi (Roma, Milano, Torino, Napoli e Palermo) ristagnano nella seconda parte della classifica, anche se Roma, pur collocandosi 67ª, fa un bel balzo in avanti di ventuno posizioni.
Volendo scendere un po’ più in profondità nell’analisi si può rilevare che molte province italiane mantengono o consolidano le loro posizioni di vertice pur in assenza di grandi performance nelle dimensioni strettamente economiche. Bolzano, per esempio, si è classificata nel gruppo uno (ciò nel gruppo dei virtuosi), in sei dimensioni su nove. L’unica dimensione nella quale è nel gruppo quattro (il peggiore di tutti) è il tenore di vita, a dimostrazione che si può avere una ottima qualità della vita anche con dati reddituali non eccelsi. Nel caso concreto Bolzano, è finita nel gruppo quattro a causa soprattutto di valori immobiliari molto alti e affitti molto cari (entrambi valori negativamente associati con la qualità della vita). In altre piccole e medie province si ottengono buoni risultati in termini di qualità della vita, anche senza grandi risultati in termini economici, a dimostrazione che le realtà minori dimostrano spesso buone doti di flessibilità e capacità di adattamento anche a situazioni difficili. Al contrario, nelle grandi aree urbane la qualità della vita è bassa anche perché c’è un minor dinamismo rispetto alle piccole province, nel senso di capacità di reazione (resilienza) alla crisi.
Altra tendenza interessante sembra essere l’attenuazione della polarizzazione territoriale tra Nord e Sud. Alcune province dell’Italia meridionale e insulare si sono infatti classificate nel gruppo due e tre, specialmente in Sardegna. Viceversa nel Nordovest abbiamo diverse province che si sono posizionate nelle parti basse della classifica, come Imperia, Torino, Genova, Savona e Alessandria, tutte oltre la 70ª posizione. Una situazione che vede tra le sue cause alcuni processi di ristrutturazione produttiva. Nel Nordest la peggiore posizione è quella segnata da Trieste, 70ª.
Al Sud e nelle isole è facile rilevare che le province che dimostrano una migliore performance sono quelle che sono più coinvolte nell’attività di ricezione turistica. Sembra una conferma di tesi sostenute già vent’anni fa e fatte proprie anche dal libro bianco sul Mezzogiorno di Massimo D’Alema: già allora si sosteneva che la carta vincente del Mezzogiorno poteva essere il puntare su eccellenze territoriali e turismo. Anche se poi le ultime posizioni della classifica sono tutte occupate da città del Sud, con l’unica eccezione di Imperia, che perde una posizione rispetto al 2016 e finisce al 104° posto.
La ricerca completa è disponibile online al link: http://www.italiaoggi.it/new/qualitavita/qualitavita.asp
Marino Longoni, ItaliaOggi