Classe 1957, guida un’industria che dà lavoro a 122 persone e che nel 2016 ha fatturato 16 milioni di euro, con il 70 per cento della produzione che viene venduto all’estero. Oggi è anche presidente dell’associazione degli industriali di La Spezia
Il suo mondo di imprenditrice è nelle valvole per compressori alternativi. Un prodotto di nicchia, basato su dettagli anche infinitesimi e su una tecnologia avanzata per macchine di precisione. L’azienda di Arcola, nella zona industriale di La Spezia, porta il nome di suo padre, Mario Cozzani, un ingegnere che aveva prima lavorato in Ansaldo, Alfa Romeo, Termomeccanica, e l’ha fondata nel 1946.
Francesca Cozzani, nata a La Spezia nel 1957, è amministratore unico dell’industria metalmeccanica che negli anni Ottanta ha conquistato il Giappone. “Ci venne a cercare un costruttore nipponico che aveva problemi con le valvole di altri produttori. Il Giappone è stato il nostro primo mercato estero. Ora è la Cina l’obiettivo più importante, anche se è molto difficile instaurare relazioni stabili”.
La laurea in Economia a Genova e un master in management non potevano bastare per farla sentire in piena sintonia con valvole, cilindri, dischi, anelli e molle. “Mio padre ci ha sempre raccontato tutto quello che faceva. Ma non ho una preparazione tecnica. Al mio ingresso in azienda, nel 1983, ero addetta al controllo dei costi, alla quantificazione dei prezzi e alla contabilità industriale.
Quando l’ho sostituito, nel 1994, alla sua scomparsa, e ho assunto la guida dell’impresa, fondando tre anni dopo l’Officina Meccanica Cozzani, mi sono occupata di tutto. Svolgo anche attività di direzione e le decisioni più importanti le prendo io”.
Nominata l’anno scorso Cavaliere del lavoro, Francesca Cozzani si è guadagnata in più di 30 anni di attività sul campo i titoli per guidare un’industria che occupa 122 persone di cui 85 operai e 37 impiegati, più altri dieci interinali. Con un fatturato, per l’anno scorso, di 16 milioni di euro. “Le valvole – spiega – sono il cuore della macchina, la parte più delicata e strategica, contribuiscono a determinare il suo funzionamento e la durata. I compressori mettono in pressione l’aria e diversi tipi di gas. Gli impianti che noi forniamo arrivano anche a mille bar. I clienti sono costruttori, società anche molto grandi, e noi collaboriamo con i rispettivi uffici tecnici per offrire soluzioni adeguate”. Valvole come vestiti su misura, per ogni tipo di motore e per le più svariate applicazioni: nell’industria del petrolio e del gas, in quella chimica, dei gas tecnici, negli impianti per il soffiaggio delle bottiglie plastiche in Pet, nelle stazioni di servizio per caricare il gas metano nei veicoli, sulle navi per l’avviamento dei motori diesel o per lo studio geofisico del sottosuolo marino.
“Vendiamo all’estero più del 70 per cento della nostra produzione. Principalmente in Germania, Belgio, Francia e molto nel Far East (Giappone, Corea, Cina), e da poco siamo entrati anche negli Usa”.
Affiancata da uno staff di persone cresciute in azienda e con l’apporto di alcuni elementi esterni, l’imprenditrice spezzina sta realizzando investimenti in ottica 4.0. “Non soffro dell’aridità della materia che tratto. Io vedo il mio lavoro stimolante, si parla di investimenti, di assunzioni, di far valere all’estero la tecnologia italiana in alcuni settori industriali perché rimanga importante come paese. È un campo molto tecnico, ma c’è la sfida nel gestire un’organizzazione complessa, mercati lontani e alla base ci sono le relazioni umane. Per conquistare la fiducia dei clienti c’è bisogno di farsi conoscere come persone preparate e affidabili, è fondamentale il rispetto tra i responsabili delle aziende, poi si instaurano ottimi rapporti di collaborazione, al di là del momento pratico di fare un’offerta o chiedere un ordine. Farsi conoscere e sapersi apprezzati è qualcosa che dà valore”.
Il mercato in cui opera Cozzani esige la continua evoluzione della tecnologia. “Stiamo comprando macchinari molto più automatizzati, li abbiamo collegati al sistema di gestione aziendale, e ora stiamo facendo attività di interconnessione per massimizzare gli effetti di questi investimenti e ottimizzare la digitalizzazione”. Il progetto, avviato quest’anno, è ampio e, secondo l’amministratore, fondamentale per migliorare la produttività. “L’incremento del fatturato potrebbe essere veramente decisivo. Ci stiamo muovendo in un contesto difficile. Non abbiamo risentito subito della crisi nel 2009 e nel 2010, abbiamo avuto un 2011 ottimo, poi invece le cose si sono complicate e ancora di più quest’anno, perché operando nel settore petrolchimico risentiamo del calo del prezzo del greggio. Contiamo di recuperare. Nel piano industriale ci sono previsioni di crescita da verificare con l’andamento del mercato, ma in percentuale puntiamo a un 10 per cento in due anni”.
Per arrivare ad Arcola ogni giorno, la zona industriale dove l’azienda che era nata in città si trasferì nel 1975, Francesca Cozzani impiega un’ora di automobile. Perché lei abita a Pisa, la città di suo marito “e in mezzo ci sono Massa Carrara e la Lucchesia”. La responsabilità di mandare avanti un’azienda va bene, “ma la famiglia deve venire prima. Sono sposata, ho due figli maschi, Marco e Michele, di 31 e 26 anni. Per quel che posso sto in casa. Il mio modo ideale per rilassarmi è fare delle lunghe passeggiate. Coltivare le amicizie mi riesce più difficile, ma soltanto per ragioni di tempo”.
Il primo dei figli ora è entrato in fabbrica. Si è fatto le ossa per sei anni in Inghilterra, a Derby come ingegnere aerospaziale alla Rolls Royce, nella fabbrica che produce motori per aerei. “Sono contenta, mi sta trasferendo un po’ della sua capacità di lavorare in maniera sistematica”. Il secondo, dopo la laurea alla Bocconi, sta facendo esperienza in una società nel campo nella chimica. “La porta è aperta anche per lui, se vorrà”, ragiona l’imprenditrice, “ci sono tutte le condizioni per preparare il passaggio generazionale. Abbiamo un ufficio sviluppo e ricerca, siamo già a otto brevetti. Faremo nuove assunzioni: quest’anno abbiamo preso cinque nuove figure, dei periti per l’officina e personale in ufficio. Con mio figlio sono arrivati anche un ingegnere gestionale e uno meccanico”.
Il tema delle relazioni interne all’azienda è sempre all’ordine del giorno per l’amministratore: “Io non sono una persona comunicativa, ma ci tengo moltissimo che i rapporti siano sempre buoni. Per mia natura non sono capace di stare in una situazione di conflitto, se c’è lo devo risolvere a tu per tu con le maestranze”.
L’imprenditrice ha lavorato sul welfare in fabbrica. “Siamo stati un po’ dei precursori: tra i primissimi nel 1996, in questa provincia, a firmare un contratto integrativo che quest’anno andrà rinnovato. Metteremo in piedi tutte le possibilità che la normativa sul welfare contiene, e cercheremo di trarne i benefici fiscali e contributivi previsti dalle agevolazioni statali. Sono già tre anni che stipuliamo l’assicurazione sanitaria per i dipendenti”.
Nel suo curriculum potrebbe aggiungere anche il titolo di “presidente per caso”. Dal gennaio 2016 Francesca Cozzani è a capo degli industriali di La Spezia, associazione che conta 250 imprese iscritte. Ci è arrivata con una candidatura “un po’ forzata”, per sua stessa ammissione. “Ho sempre seguito le attività dell’associazione perché è importante fare sistema e serve che gli industriali abbiano voce presso le istituzioni locali. Le istituzioni, dal canto loro, richiedono di essere indirizzate perché la finalità comune è crescere”. La sua elezione si è concretizzata nel mezzo di una spaccatura dell’associazione a causa del mancato accordo tra due candidati maschi. “Mi sono offerta di ricomporre la frattura e questo è tipico delle donne, proporre una mediazione e provare a fare andare tutti d’accordo, sia pure con un po’ di fatica”. La dipingono come una dal pugno di ferro. “Più che altro sono ostinata e ho uno spiccato senso del dovere. Non è facile conciliare l’impegno associativo con la fabbrica. Da quando sono presidente di Confindustria viaggio molto meno; quest’anno solo in Giappone e negli Usa, i viaggi lunghi ormai sono pochi. È un modo per far crescere chi è sotto si me, tocca un po’anche agli altri ed è importante che lo sappiano fare”.
Patrizia Capua, Repubblica.it