Il Ceo: è un’infrastruttura che cambierà tutti i business, dall’educazione alle smart cities
Dicono che ad Aldo Bisio, amministratore delegato di Vodafone Italia, piacciano i numeri. E quando racconta della rivoluzione del 5G, un mondo nel quale gli oggetti parleranno tra di loro, gli umani parleranno con gli oggetti, e gli oggetti acquisiranno intelligenza, e lo fa con un numero: «Lei lo sa che un pace-maker ha 100 mila linee di codice, per far andare lo Shuttle ne servivano solo 650 mila. E Android ne ha circa 12 milioni…». Sembrano soltanto cifre, invece raccontano di una grande possibilità che l’Italia può giocarsi in questa rivoluzione. «Siamo una delle più grandi fabbriche di talenti al mondo. Il sistema universitario ha raggiunto in qualche caso livelli di eccellenza. La quarta rivoluzione industriale rimescola le carte, ha un effetto importante sulla dematerializzazione e per un Paese come l’Italia, senza risorse naturali e un’ economia di servizi, è un’occasione storica».
Non sta esagerando con l’ottimismo…
«Churchill diceva che gli ottimisti sono dei pessimisti informati male, ma in questo caso guardo quello che accade da noi. I giovani che arrivano sono molto preparati. Sono curiosi, hanno vitalità. Se penso al sistema universitario di Milano, con i suoi 170 mila studenti, penso a una fucina di talenti capace di competere con Monaco, Stoccarda, Barcellona. La digitalizzazione rappresenta una grande possibilità anche di export per l’Italia».
Vedere per la prima volta una tecnologia, il 5G che consente di scaricare 10 mila film nello stesso tempo in cui con il 4G se ne scaricano poco più di 700 rende l’idea di questo mondo iperveloce…
«Pensi a miliardi di sensori, rilevatori di pressione, misuratori della glicemia, a droni che verificano la condizione di campi agricoli o i sistemi di irrigazione. Gli oggetti dovranno acquisire maggiore intelligenza locale. Ci sarà bisogno forte di creatività, di formazione».
Il governo con il piano industria 4.0 ha messo in campo un sistema-Paese…
«L’idea è buona. Gli investimenti creano la spinta per nuova occupazione. Il governo l’ha capito. L’Italia si sta portando al passo».
Sì, ma nella banda larga siamo dietro a Francia e Spagna, noi viaggiamo al 55%. Loro sono all’80%…
«Su questo c’è stato il coraggio di lanciare un‘alternativa alla rete in rame, con Open Fiber. E’ l’equivalente dei romani con i loro acquedotti o della rete elettrica negli anni ‘50. Perciò siamo stati i primi a crederci: porterà la fibra veloce nella casa di 9,5 milioni di italiani entro il 2022 nelle aree concorrenziali. E poi l’estensione della fibra a quasi tutto il Paese nelle aree a fallimento di mercato».
Ma serve poi tutta questa rete veloce?
«Sì. E quelli che dicono che non c’è domanda, sbagliano. Quando un cliente passa dal 3G al 4G la sua vita digitale raddoppia o triplica. Da un Gigabyte al mese, ora siamo intorno ai 3 Lo stesso vale nel passaggio da ADSL a FTTH dove il consumo si moltiplica per 5 o per 7. Occorre avere il coraggio di realizzare l’infrastruttura indipendentemente dalla domanda, poi la domanda si genera in base alla qualità dell’offerta. Ci aspettiamo accada anche per il 5G».
Avete appena vinto la gara per la sperimentazione 5G a Milano, che cosa cambierà?
«La sperimentazione 5G e’ un grande acceleratore per Milano che diventa il più grande laboratorio 5G in Europa. Raccoglie gli investimenti di importanti realtà nazionali e internazionali, crea un sistema aperto di sviluppo. La tecnologia 5G rimetterà in gioco tutte le filiere produttive. Questa infrastruttura permetterà di cambiare tutti i business, dall’educazione con la realtà aumentata alle smart cities, all’agricoltura. Con il 5G la cosiddetta latenza, cioè il tempo di andata e ritorno del segnale scenderà dai 12-15 millisecondi attuali a 1-2 millisecondi. Sa a quanta velocità viaggia il nostro cervello?»
No…
«Tra i 5 e i 7 millisecondi. Questo vuol dire che si potranno avere le macchine che si guidano da sole con una velocità di reazione inferiore a quella di un uomo. Lo stesso vale per un’operazione chirurgica a distanza. Lo stesso per l’interazione con i robot. Nei nostri laboratori tedeschi ho visto un esoscheletro che ha consentito ad un ragazzo di poter tornare a camminare. Quando si è alzato ha detto che la cosa più bella per lui era poter finalmente guardare negli occhi le persone».
E Milano starà in prima fila?
«Pensiamo di aver vinto la gara per la qualità dei nostri progetti. Sono 41 con applicazioni che spaziano in 7 diversi settori verticali, dalla sanità alla sicurezza, dall’energia alle smart city, dall’auto ai trasporti, dall’education all’intrattenimento. Abbiamo messo insieme 28 grandi imprese di diversi settori industriali. Una grande partnership con il Politecnico di Milano. Entro il 2018 costruiremo un’infrastruttura che coprirà l’80 per cento di Milano e area metropolitana. La copertura sarà completata entro il 2019. Non ci sarà in Europa una città con un livello di copertura così elevato».
Quanto investirete?
«Più di 90 milioni di euro. Lanceremo anche un Bando annuale Action for 5Gper finanziare giovani e start up che individuino nel 5G il fattore distintivo del proprio business. I progetti e le innovazioni saranno valutati da un panel di esperti, e potranno essere testati nell’Open Lab Iot di Vodafone».
E la città come ha risposto?
«Comune, Regione e Città metropolitana hanno agito da spinta. Direi con entusiasmo. Li consideriamo nostri partner fondamentali».
Ma in uno scenario così anche Vodafone dovrà cambiare?
«Certo, questo ci costringe a ripensare Vodafone tra 5 anni quando la componente di connettività non sarà l’unica. il valore aggiunto sarà ridisegnare i modelli. Non sono solo i bit che passano ma la capacità di collegare quei dati. Decisivi saranno i data analytics, gli strati di servizio che offriremo. La Vodafone del 2025 sarà molto diversa da quella che vediamo ora. Ci saranno nuove alleanze, possibili acquisizioni di start up e joint venture. Milano sarà un centro di gravità molto importante per tutto il gruppo. Sarà un esportatore e un importatore di conoscenza. Abbiamo l’obbligo di provarci. E’ una sfida cruciale che per Vodafone Italia, che conta circa 7 mila dipendenti diretti e un indotto di 25 mila persone, dà senso a tutto il nostro lavoro».
Però ciò accade mentre i clienti vedono cambiare il calendario da 30 a 28 giorni…
«Nell’aprile del 2016 abbiamo ridotto il ciclo di fatturazione e nei fatti aumentato i prezzi. Era un’operazione legittima in un sistema di mercato liberalizzato, dove i prezzi sono tra i piu’ più competitivi d’Europa. Alla luce dell’attenzione posta dal Governo e dalle Autorità, ci siamo resi conto che abbiamo sottovalutato un elemento importante che ci lega ai clienti, la trasparenza. Abbiamo dunque deciso che ritorneremo al ciclo di fatturazione precedente. Sono investimenti ingenti, abbiamo avviato i lavori, e lo faremo rapidamente».
L’economia del Corriere della Sera