La casa automobilistica italiana, secondo quanto riporta Le Monde, è stata accusata di reticenza nel “collaborare con i servizi della repressione delle frodi fra il maggio 2016 e gennaio 2017”.
Il Dieslegate, lo scandalo esploso con Volkswagen per la presenza di software in grado di beffare i test sulle emissioni di gas dai motori a gosolio, continua ad agitare i sonni dei costruttori: Fiat Chrysler Automobiles (Fca) è sospettata di aver ostacolato l’inchiesta francese sul ‘dieselgate, secondo quanto scrive oggi il quotidiano Le Monde. Stando alle informazioni del giornale francese, il costruttore ha mostrato “reticenza a collaborare con i servizi della repressione delle frodi fra il maggio 2016 e gennaio 2017”.
Fca, oltre che al centro dell’inchiesta francese sul dieselgate, sarebbe ora coinvolta in un ulteriore filone di indagine per ostacolo all’inchiesta stessa. Le Monde ha avuto accesso a una lettera datata 17 ottobre, firmata dal giudice istruttore Fabienne Bernard, una delle tre incaricate dell’inchiesta aperta il 15 marzo per truffa aggravata. La lettera informa le parti civili sui loro diritti e sui capi d’imputazione riguardanti il Lingotto.
Nel testo si legge che oltre ad “aver ingannato gli acquirenti di veicoli di marca Fiat, Alfa Romeo, Jeep e Lancia sulle qualità sostanziali dei veicoli e sui controlli effettuati”, un reato di “truffa aggravata” punito con ammenda massima del 10% sui tre ultimi fatturati (10,5 miliardi di euro se si considerano gli introiti mondiali di FCA), il gruppo industriale si vede accusato di aver ostacolato l’inchiesta. Reato punito, quest’ultimo, con identica pena alla quale si aggiungono 2 anni di carcere.
L’inchiesta, continua Le Monde, rimprovera a FCA di aver fatto “ostacolo alle funzioni di un agente abilitato a constatare le infrazioni al codice del consumo”. La “reticenza” a collaborare si sarebbe realizzata “a Parigi e sul territorio nazionale fra il 26 maggio 2016 e il 17 gennaio 2017”, ostacolando l’inchiesta di uno degli ispettori della DGCCRF (Direzione generale della concorrenza, del consumo e della repressione delle frodi), Sacha Davidson, che ha condotto la maggior parte delle indagini sul diesel in Francia.
Da parte dell’azienda arriva il “No comment” su quanto si scrive in Francia.
Repubblica.it