Investimenti, tra nuovi impianti e acquisizioni, per un totale di 5,7 miliardi dall’Italia e in Italia per le rinnovabili: 4,6 miliardi verso l’estero più 1,1 miliardi di euro investiti in Italia. E’ quanto emerge da un’analisi di Althesys, il think tank che analizza l’economia dell’energia, dell’ambiente e delle utility e che pubblica il rapporto Irex sulle fonti rinnovabili.
“Le imprese italiane che si sono sviluppate nel mercato nazionale grazie alle politiche di incentivazione degli anni scorsi oggi stanno capitalizzando esperienze, competenze e capacità. Molte, non solo le grandissime, hanno investito e stanno investendo fuori dall’Italia anche in questo settore che non è tradizionale del made in Italy, come il food e la moda, e stanno avendo un ruolo significativo”, dice all’Adnkronos Alessandro Marangoni, Chief Executive Officer di Althesys.
Gli investimenti italiani oltre confine sono, infatti, un trend consolidato. “Circa un terzo delle operazioni censite ha interessato l’estero (33%), per una potenza complessiva di 4,9 GW (il 72% del totale) ed un valore stimato in 4,6 miliardi di euro”, rivela Althesys nella sua analisi. Il mercato più importante è l’area Centro e Sud America, seguita da Nord America e Africa.
“La destinazione principale è il Centro e Sud America con il 28% delle operazioni e circa 2,5 GW di potenza coinvolta (pari al 52,9% del totale) per un valore degli investimenti stimato in 2,3 miliardi di euro. Segue il Nord America, dove è localizzata il 21,3% della potenza, in crescita di quasi 16 punti percentuali rispetto al 2015. Il continente africano, invece, pesa per un quarto delle operazioni internazionali pari al 20,7% dei MW, in flessione di quasi dieci punti percentuali rispetto al 2015, con 1 GW di potenza coinvolta e 1,1 miliardi di valore – rivela la società di consulenza – Rilevante anche la quota di operazioni che ha interessato l’Asia, pari al 15% del totale delle iniziative, ma con un peso sulla potenza di poco superiore al 2%. Crollano gli investimenti in Europa, anche a causa dei tagli retroattivi agli incentivi nelle nazioni dell’Est. Sono nel complesso solo il 2,3% della potenza contro il 26,4 del 2015, anno nel quale la cosiddetta Nuova Europa aveva raccolto ben il 20,6% delle iniziative italiane all’estero”.
A livello di tecnologie, spiega Althesys, “l’eolico è la fonte più interessata dagli investimenti (2,4 miliardi di euro) mentre il fotovoltaico è la prima tecnologia per potenza (2,6 GW, compresi gli impianti Epc). Considerando, invece, le sole iniziative di crescita interna (solo investimenti in nuovi impianti, non le acquisizioni), il solare scende a 1,8 GW”.
Dall’Italia e verso l’Italia. Nel 2016, ricostruisce la società di consulenza, “sono state registrate 28 operazioni, sia finanziarie che di crescita nel core business. Tali operazioni hanno coinvolto complessivamente 1,13 GW di potenza e oltre 1,1 miliardi di euro. Tra i player internazionali 12 sono investitori finanziari, 5 operatori il cui core business riguarda unicamente le fonti rinnovabili, 5 operatori tecnologici (fornitori di soluzioni tecnologiche) e un produttore e distributore di energia elettrica attivo in Europa”.
Anche qui il vento risulta la fonte sulla quale si concentrano gli investimenti. “L’eolico è l’indiscusso protagonista con 837 MW (74% della potenza totale) e 630 milioni di euro (57% del valore economico complessivo), le operazioni che hanno riguardato questa fonte sono state principalmente acquisizioni/partecipazioni societarie e accordi di fornitura. Seguono le operazioni di M&A (merger&acquisition, cioè operazioni di fusione e acquisizione di società) che hanno coinvolto il fotovoltaico (265 MW e 425 milioni di euro) e idroelettrico con 31 MW e 55 milioni di euro. Due operazioni hanno riguardato geotermia (fornitura tecnologica) ed efficienza energetica (efficientamento edilizio)”, spiega Althesys.
“La fotografia degli investimenti esteri in Italia mostra come il trend sia guidato principalmente dalle operazioni di finanza straordinaria (acquisizioni e fusioni, 86%) e parzialmente da accordi/forniture tecnologiche (11%) – continua – Le operazioni di crescita nel core business rappresentano solo il 3%. Questi indicatori sono segnali di un mercato secondario legato alle rinnovabili molto attivo nel nostro Paese, tuttavia allo stesso tempo indicano una certa riluttanza dei player esteri a investire in nuovi impianti e nuovi progetti”.
In sintesi, spiega Marangoni, “il grosso degli investimenti italiani all’estero sono nuovi impianti mentre il grosso degli investimenti esteri in Italia sono l’acquisizione di impianti già esistenti”. “Gli investimenti italiani all’estero evidenziano due elementi – spiega l’ad – uno che gli investimenti nelle rinnovabili nel mondo stanno crescendo e continueranno a crescere in maniera significativa nei prossimi anni. Sostanzialmente, con l’eccezione forse della Cina, quelli nelle rinnovabili costituiscono la parte prevalente degli investimenti in nuovi impianti di produzione elettrica. Il secondo elemento è che le imprese italiane, dopo lo sviluppo fatto nel mercato domestico anche grazie agli incentivi, hanno sviluppato capacità e competenze che oggi permettono loro di esser competitive e andare a fare investimenti all’estero”.
“Il lato meno positivo – conclude – è che gli investimenti si rivolgono soprattutto all’estero perché, dopo il boom degli anni scorsi, i cambi nelle politiche energetiche italiane hanno di fatto un po’ fermato gli investimenti nel nostro Paese. Sostanzialmente gli investitori esteri in Italia arrivano per comprare impianti esistenti piuttosto che costruirne di nuovi”.
Adnkronos