Parla uno dei tre commissari della compagnia aerea Luigi Gubitosi. Il 16 ottobre scade il termine per le offerte vincolanti su Alitalia
La procedura di commissariamento è vicina al punto di svolta. Il 16 ottobre arriveranno le offerte vincolanti per Alitalia. Luigi Gubitosi, che insieme a Stefano Paleari ed Enrico Laghi è stato chiamato quattro mesi fa a gestire il commissariamento, auspica che questa sia l’ultima volta. L’ultima crisi di Alitalia.
Dottor Gubitosi che situazione avete trovato in Alitalia?
«Una situazione confusa. L’esito del referendum tra i lavoratori ha sorpreso un po’ tutti. Già dall’inizio dell’anno le prenotazioni erano in calo a causa dell’incertezza, dopo il referendum c’è stato un brusco peggioramento». Cosa non ha funzionato con Etihad? «E’ mancato lo sfruttamento delle sinergie, in particolare sugli aerei. Sarebbe stato fondamentale viste le caratteristiche delle due flotte: Etihad ha molti aerei, Alitalia ha una flotta molto costosa. Anche il team di management non si è dimostrato all’altezza».
Quella di Etihad non è certo la prima crisi. Sono almeno 20 anni che Alitalia passa da una crisi all’altra. Come mai?
«L’errore fondamentale fu quello di concentrarsi, dopo l’11 settembre, sul mercato domestico tagliando il lungo raggio, che invece si è dimostrato profittevole. E, precedentemente, aveva pesato la mancata fusione con Klm: sarebbe stato un game changer nel mercato europeo. L’instabilità del management, poi, non ha certamente aiutato con una dozzina di capi azienda negli ultimi dieci anni. Comunque, 70 anni di volo lasciano in eredità grandi competenze».
Cosa avete fatto per fermare la crisi?
«La prima cosa che abbiamo fatto con Laghi e Paleari è stata comunicare ai passeggeri e alle agenzie di viaggio che l’operatività sarebbe stata regolare, come è successo. Abbiamo avuto una buona estate: Alitalia è stata terza in Europa per puntualità e decima nel mondo. Ci tenevamo molto a mantenere l’operatività e un elevato livello di servizio. Contemporaneamente abbiamo preparato la stagione invernale e ora stiamo impostando quella estiva del 2018».
C’è stato anche un importante ricambio di manager…
«In tutte le aziende in crisi la prima cosa è assicurarsi che le persone al comando siano adeguate e motivate. Su 65 dirigenti ne sono usciti una trentina. La prima linea è stata quasi interamente rinnovata, abbiamo attratto manager di grande livello facendo al contempo crescere alcuni dirigenti interni con capacità e voglia di affrontare la sfida».
E lei quanto ha viaggiato con Alitalia in questi 4 mesi?
«Moltissimo. Ed è anche un ottimo modo per avere un rapporto diretto con il personale di volo: credo sia molto importante non farsi intermediare dalle strutture interne per capire cosa pensa lo staff».
In che condizioni è oggi Alitalia, perde ancora 1 milione al giorno?
«Il paziente sta meglio, ma avendo subito tre grandi interventi è ancora debole. Dopo tre anni di fatturato in calo, nell’ultimo trimestre c’è stata una crescita dell’1,5%, l’Ebitda è migliorato di circa 64 milioni nei tre mesi al netto delle poste straordinarie, chiudendo in positivo a 46 milioni. Nel secondo semestre l’Ebitda tenderà al pareggio, ma questo non vuol dire che il problema sia risolto perché la strada è ancora lunga e complicata. Stagionalmente gli economics peggioreranno in inverno e ci saranno ancora perdite, ma inferiori rispetto all’anno precedente. Abbiamo anche riorganizzato il personale: a fine agosto avevamo 9.645 contratti a tempo indeterminato e 920 stagionali contro i 10.441 a tempo indeterminato e 1.440 stagionali di un anno prima. L’11% in meno».
Il 16 arrivano le offerte vincolanti: preferirebbe affidare Alitalia a un’altra compagnia o a un private equity?
«Ho preferenza per il partner che presenta la proposta più credibile. L’obiettivo della procedura è quella di dare alla compagnia la stabilità che le è mancata nell’ultimo decennio. Alitalia per le sue caratteristiche e tradizioni è l’asset più interessante che oggi c’è sul mercato».
Ci sarà un’offerta unitaria?
«Non ho motivo per escluderlo. Tuttavia la tendenza nel settore è tenere separate le attività di volo da quelle di handling. Swissport, prima al mondo nell’handling, era parte di Swissair ed ora cresce più della nuova compagnia svizzera».
Immaginava che dopo i proclami su Alitalia la Ryanair avrebbe avuto problemi tali al punto di tirarsi indietro?
«Non mi piace commentare i problemi dei concorrenti. E’ indubbio che Ryanair ha cambiato il mondo del trasporto aereo, ma oggi quel modello di business sta mostrando dei limiti».
Punterete ancora sul lungo raggio?
«Il lungo raggio è l’area più interessante per sviluppo e profittabilità e ci sono ampi margini di recupero. Alitalia deve diventare la porta di ingresso in Italia. Il passeggero deve sentirsi nel nostro Paese nel momento in cui sale a bordo e questo significa avere cibo e bevande italiani di grande qualità, oltre che un’accoglienza calorosa. Siamo molti orgogliosi di aver ripreso il marchio “Magnifica”. E’ più di una business class, è Magnifica. Un esempio di ospitalità italiana».
La flotta attuale è adeguata?
«Sul breve e medio raggio sì, ma potremmo crescere come numero di aerei sul lungo raggio. Il tema è che la flotta è costosa, in termini di leasing e contratti di manutenzione. Per il nuovo azionista saranno le aree principali in cui intervenire con i commissari che hanno il potere di cancellare i contratti non profittevoli o troppo onerosi».
Ci saranno nuove rotte?
«Stiamo guardando con attenzione all’Africa e lavorando per potenziare il Nord America. Senza dimenticare il mercato domestico, perché per svilupparsi il lungo raggio ha bisogno di essere alimentato dal breve e medio raggio. Confido che il socio futuro possa portare a termine ciò che noi non possiamo fare in pochi mesi e che Alitalia, in questi anni, non è riuscita a realizzare».
Corriere della Sera