Fondato dal 72enne Dias, è considerato il “partito dei reduci”. Un mix di attori di telenovele, magistrati in primi linea, imprenditori
C’è anche un Podemos in salsa brasiliana tra le tantissime formazioni pronte a lanciarsi nella sfida presidenziale del 2018. Tra gli addetti ai lavori lo chiamano il partito “dei reduci”, per via dei suoi fondatori tra cui spiccano vecchie stelle del miglior calcio al mondo. Creato su iniziativa di un decano dei senatori, il 72 enne Álvaro Días, ancora presente tra gli scranni del Parlamento, la nuova formazione punta su candidature che possano attirare la grande massa di indecisi e delusi a poco più di 13 mesi dall’importante appuntamento elettorale.
Nomi di grido, vecchie star del pallone mai tramontate, attori di telenovele, magistrati in primi linea, imprenditori sfuggiti al tempesta di “Lava Jato”, la più esplosiva inchiesta sulla corruzione nella storia del Brasile.
Da poco varato da Días in coppia con Romário de Souza Faria, meglio noto come Romario, considerato uno tra i migliori attaccanti di tutti i tempi, conosciuto nelle favelas come “baixinho” per la sua bassa statura, il nuovo partito si proclama “né di destra, né di sinistra” e ricalca le orme delle tante formazioni populiste che anche qui, come in molte parti del mondo, finiscono per attrarre la folta base dell’antipolitica. Il progetto politico è semplice, fondato su parole d’ordine che fanno presa: giustizia, lotta alla criminalità, alla corruzione, equità sociale e fiscale. Días non ha mai nascosto la sua avversione al Pt, il partito della sinistra che ha dominato la scena degli ultimi 15 anni. Si è apertamente schierato per la destituzione di Dilma Rousseff assieme a Romario che ha votato per il suo impeachment; è favorevole all’arresto di Inácio Lula da Silva; difende a spada tratta il lavoro del pool di magistrati guidati da Sergio Moro.
In una delle sue ultime interviste ha chiarito che il suo partito “è di ispirazione europea”. Uno sguardo di simpatia al nostro Cinque Stelle, qualche similitudine con il Podemos spagnolo, un po’ di Macron francese. “Anche se però”, aveva aggiunto l’anziano senatore, “siamo diversi. Non abbiamo un profilo ideologico, condividiamo le battaglie contro la corruzione, difendiamo la democrazia e siamo molto attivi sulla rete e i social”.
I sondaggi lo danno tra il 7 e l’8 per cento. Ma le variazioni nei rilevamenti sono così fluttuanti e condizionati dagli eventi che nessuno si azzarda a fare previsioni. Nel clima di incertezza, quasi di sgomento, che accompagna la vita politica brasiliana, con una violenza dilagante, l’alto tasso di disoccupazione, gli arresti continui di politici e amministratori, i partiti tradizionali si muovono con cautela. Sanno di essere disprezzati dalla maggioranza degli elettori ma sanno anche che alla fine nel fiume di candidati che appariranno sulla scena ci sarà il nome che farà la differenza e che soddisferà le esigenze più diverse.
Se Romero e, probabilmente, un’altra stella del calcio brasiliano come Ronaldinho decideranno di buttarsi ufficialmente nell’arena della battaglia per Planalto, forse Podemos riuscirà a risalire la china dei sondaggi e proporsi come forza con cui le alleanze future dovranno fare i conti.
Certo, non sono i soli. A destra, destra estrema, avanza Jair Balsonaro, l’ex parà che vedrebbe bene un altro periodo di dittatura militare, nemico dei gay e dei tossicodipendenti. Ha successo, ovviamente, nel mondo delle stellette. Tra gli ex generali e colonnelli che raduna nelle passeggiate della domenica davanti alla spiaggia di Copacabana. Ma anche in quella classe media e parte della borghesia oggi profondamente delusi dalla gestione Temer.
Sugli altri spiccano i nomi di João Doria, sindaco di San Paolo, e Geraldo Alckim, entrambi del Psdb, gli unici a non essere stati toccati dalla valanga della corruzione. Con alcuni limiti. Doria ha fatto cose discutibili nella città che governa, tra cui lo sgombero di un quartiere dove da anni erano alloggiati centinaia di senza tetto con la scusa che era diventato il centro dello spaccio di crack. Alckim ha visto spegnersi la sua stella e non è più sostenuto dal partito.
Sul fronte della sinistra, Lula attende il verdetto d’appello sulla sentenza che lo ha visto condannare a 9 anni e 6 mesi per corruzione. Se dovesse essere confermata sfumerebbe la possibilità di candidarsi. Ufficialmente, il leader del PT non ha ancora deciso. La sua carovana nel nord-est, per sondare gli umori, procede a rilento e senza troppo entusiasmo. Sul suo futuro pesano altri quattro processi che riducono il suo primato nei consensi.
Podemos punta al centro. “Senza una valida alternativa”, aggiunge Días, “rischiamo di trovarci con un presidente di estrema destra o estrema sinistra”. Romario è stato eletto deputato a Rio de Janeiro, ha corso come sindaco arrivando secondo. Oggi siede tra gli scranni del Senato. Ha un difetto che lo frena: ha cambiato troppo spesso partito. E’ entrato e uscito dal PSB dal quale si è allontanato per l’ennesima volta due mesi fa. Ma ha dalla sua tanti vantaggi. E’ conosciuto, ancora amatissimo, è stato il secondo giocatore brasiliano ad avere raggiunto i 1000 gol nella sua carriera. Si è inventato il futvoley, uno dei giochi più praticati nelle spiagge di Rio. Resta una stella del calcio. E molti – ha pensato Días – potrebbero scommettere su di lui.
Daniele Mastrogiacomo, Repubblica.it