(di Cesare Lanza per LaVerità) Scommettiamo che la società, intesa come la comunità di qualsiasi Paese, avrà sempre difficoltà nel riconoscere la genialità dei suoi migliori cittadini? Questa riflessione mi è sollecitata da alcuni amici, che si dicono sorpresi dalla mia commozione per la vita di Alda Merini. Ma è proprio così. I versi della divina poetessa mi coinvolgono, mi turbano. Sono le torture, che lei ingiustamente ha subito in vita, a commuovermi. Dodici anni di manicomio, decine di elettrochoc; l’emarginazione, l’incomprensione generale. Ammetto tuttavia che in ogni epoca è stato così. L’elenco degli incompresi è lunghissimo: il pensiero corre a Socrate, a Gesù, a Galileo, a Mozart. Alla radice dell’ingiustizia c’è quasi sempre la diversità, l’innovazione rivoluzionaria, male accolta o rifiutata dalle convenzioni e dalle convinzioni delle comunità. Socrate accettò la condanna a morte (a cui avrebbe potuto sottrarsi con la fuga) pur di sostenere il dovere del rispetto verso le regole dello Stato, pur nel dissenso. Gesù predicava l’amore verso il prossimo («porgi l’altra guancia»). Galileo affermava che la Terra non era immobile. Il maligno paradosso è che, poi, dopo la morte degli incompresi, la società – con la componente viscida dei complessi di colpa – li esalta in maniera bugiarda, retorica. E anche con lo sfruttamento commerciale delle loro gesta e dell’immagine. Mozart fu sepolto in una fossa comune. Oggi, a Salisburgo, i cioccolatini, le cartoline, gli abiti (perfino le mutande!), qualsiasi cosa nei negozi si vende col richiamo alla sua grandezza. Inevitabile? Sì. Ma quanta, inconsapevole volgarità.
Il nostro popolo continuerà a emarginare i suoi geni
