(di Cesare Lanza per LaVerità) Scommettiamo che le analisi statistiche sul calcio sono insignificanti? Era un argomento al centro di discussioni tra me e Giorgio Tosatti, di cui ho pubblicato domenica un ritrattone, fondato sui miei ricordi personali. Giorgio non pensava che le statistiche fossero infallibili per le sue previsioni, né preziose per i suoi dotti commenti. Però attribuiva importanza alle informazioni che gli forniva un meticoloso collega, Paolo Ongaro. Da parte mia, anche per il gusto di contraddirlo, gli contrapponevo due obiezioni. La prima: il gioco del calcio è affascinante proprio perché è imprevedibile, i risultati dipendono anche da una giornata storta, da una zolletta d’erba che favorisce o impedisce un gol, dalle decisioni arbitrali, dagli infortuni e così via. La seconda: per essere attendibili, le statistiche dovrebbero considerare migliaia di precedenti, non qualche decina. Chi avrebbe mai immaginato che la Nazionale italiana sarebbe stata eliminata dalla Corea nel campionato del mondo del 1966? Gianni Brera, un mito, scrisse addirittura che, in questa eventualità, avrebbe smesso di scrivere (per fortuna non lo fece). E nessuna statistica autorizzava a ipotizzare che potessimo vincere il Mondiale del 1982 e quello del 2006. Mario Sconcerti, erede – meno autorevole – di Tosatti, affermò che la Juventus non avrebbe mai potuto aggiudicarsi uno scudetto, dopo le sconfitte iniziali. Perché non era mai successo. E invece successe. Fabio Caressa, infinitamente meno autorevole di Tosatti e di Sconcerti, si affida comicamente agli algoritmi! E domenica? Quale statistica poteva indurci a pensare che la Lazio, dopo aver strapazzato la Juventus, sarebbe stata bloccata dalla Spal?
Il calcio è imprevedibile e rende inutili tutte le previsioni
