Gli ultimi conti resi pubblici dall’azienda fondata da Gianroberto dicono che
gli affari sono in calo, soprattutto a causa della pubblicità online
Se gli affari devono avere una logica economica, è sempre difficile confrontare il Davide Casaleggio figura pubblica con il Davide Casaleggio imprenditore privato.
Mentre il primo organizza convention come quella di Ivrea dell’8 aprile dall’ambizioso titolo “Capire il futuro”, scrive rapporti annuali sull’e-commerce e sul business via web, figura come titolare dei “credits” di uno dei siti più visti d’Italia, e cioè il blog di Beppe Grillo, il secondo sembra avvitato in una spirale negativa.
Per comprenderne il motivo, occorre partire dal bilancio della Casaleggio Associati, l’impresa creata dal papà Gianroberto, scomparso nell’aprile 2016. Sono doverose due premesse. La prima è che l’ultimo documento disponibile è relativo al 2015, ormai un po’ datato. La seconda è che Casaleggio, quando gli è stato chiesto, non ha mai rivelato se nei conti dell’azienda affluiscono i soldi della pubblicità che gli inserzionisti effettuano sul blog di Grillo e su altri siti collegati al partito.
Messi in chiaro questi punti, per l’azienda il 2015 è stato un anno davvero negativo. Il fatturato è sceso a 1,1 milioni di euro, rispetto agli 1,5 milioni del 2014 e ai due del 2013. Il bilancio non spiega quale sia la scomposizione dei ricavi dell’azienda, che pubblica anche libri.
C’è solo una breve nota, che dà due diverse informazioni. La prima spiega che «la società svolge prevalentemente l’attività di consulenza informatica strategica». La seconda che il 2015 «è stato un anno impegnativo per la società, a causa di alcuni modelli editoriali on line dimostratisi di difficile sostenibilità economica con il modello pubblicitario e dai quali nel 2016 si è deciso di disinvestire».
Quali siano questi «modelli editoriali» non si dice, anche se non dovrebbe trattarsi dei siti più conosciuti, TzeTze, La Fucina, La-Cosa, che restano attivi e collegati societariamente con la Casaleggio Associati. La nota prosegue sostenendo che «l’area consulenziale legata alla definizione di strategie di rete originali per i clienti risulta molto apprezzata da parte delle società».
I nomi dei clienti non vengono citati, mentre c’è una piccola novità rispetto al 2014: l’investimento di qualche migliaia di euro per acquistare una quota in una start up californiana che fa algoritmi, chiamata Soshoma. Alla fine, grazie a una drastica riduzione del costo del personale e delle altre spese, la perdita del 2015 è stata limitata a 123 mila euro, in calo rispetto ai 151 mila del 2014.
Luca Piana, L’Espresso