Ore decisive con il cda della Vicenza che potrebbe rimettere il destino dell’istituo in mano alla Bce, senza passi avanti dal sistema finanziario.
Padoan: “Obbligazionisti senior e depositanti saranno in ogni caso pienamente garantiti”. La Commissione: “Contatti costruttivi”
Pier Carlo Padoan esce allo scoperto nel giorno del consiglio di amministrazione della Popolare di Vicenza, che senza passi concreti verso il salvataggio potrebbe rimettere il suo destino nelle mani della Bce per farsi seguire a stretto giro da Veneto banca. Il Tesoro pubblica una nota di buona mattina per precisare che “in relazione all’andamento delle discussioni in corso su Veneto Banca e Banca Popolare di Vicenza, il Ministro dell’Economia e delle Finanze Pier Carlo Padoan comunica che la soluzione è ormai prossima e che le interlocuzioni con le istituzioni europee sono incoraggianti”. Da parte di via Venti Settembre arriva anche una precisazione ulteriore: “Il Ministro ribadisce che la soluzione non contemplerà alcuna forma di bail-in e che obbligazionisti senior e depositanti saranno in ogni caso pienamente garantiti”.
Si conferma dunque l’impianto per il quale non si dovrebbe arrivare a una completa risoluzione degli istituti, ma probabilmente a un coinvolgimento degli obbligazionisti junior (oltre che dell’azionista Atlante) per tutelare invece le categorie più “protette” di investitori e clienti. Chiariscono da Bruxelles che “per quanto riguarda la situazione di Banca Popolare di Vicenza e Veneto Banca, la Commissione Ue, il Single Supervisory Mechanism e le autorità italiane lavorano fianco a fianco. Sono in corso contatti costruttivi per raggiungere una soluzione per le due banche in linea con le regole Ue, senza il bail-in degli obbligazionisti senior. I depositi saranno in ogni caso pienamente garantiti”, spiega un portavoce.
L’Europa vuole come noto che i privati intervengano mettendo sul piatto 1,2 miliardi, prima di poter liberare gli aiuti di Stato con la ricapitalizzazione precauzionale. Nelle ultime ore si sono mosse attivamente Intesa e Unicredit, le due banche chiamate dal governo per scongiurare il bail in degli istituti veneti, ma il Mef è andato nuovamente in pressing sul sistema finanziario per trovare nuovi partecipanti alla cordata.
Il dossier è sul tavolo anche del cda di Cà de Sass, che però non ha assunto deliberazioni in merito. “Non è un tema all’ordine del giorno ma penso se ne parlerà”, aveva anticipato ieri il presidente di Intesa, Gian Maria Gros-Pietro. “Ogni decisione dipende dalle condizioni che saranno poste dalle autorità europee: la Commissione europea per quanto riguarda la concorrenza e la Bce per quanto riguarda la ricapitalizzazione”. Senza sbilanciarsi sui tempi di un eventuale intervento (“Non si può sapere. Al momento, queste condizioni non sono note”) Intesa e Unicredit vorrebbero avere da Dg Comp e Bce certezze sull’entità dell’intervento e sui rischi in termini di capitale.
L’obiettivo di Carlo Messina e Jean Pierre Mustier, che domenica si è professato “ottimista”, è costruire un’operazione di sistema con cui ripartire i costi del salvataggio. Ma dai potenziali ‘compagni di viaggio’ sembrano arrivare soprattutto ‘no grazie’, come quelli di Ubi e Banco Bpm: “In questo momento stiamo risolvendo i compiti a casa nostra”, ha detto il ceo Giuseppe Castagna.
Del tema si è parlato anche al 123esimo Consiglio nazionale della Fabi, il sindacato autonomo dei bancari, dal quale il segretario Lando Maria Sileoni ha detto: “Chiediamo ad Abi un accordo programmatico per ricercare soluzioni a favore di quelle banche in difficoltà dove è previsto l’intervento dello Stato, ossia le popolari venete e Mps. Servono soluzioni di sistema e una cabina di regia Abi-sindacati che consentano di gestire queste situazioni di difficoltà, stabilendo un quadro di regole condivise a tutela dei lavoratori. Agli eventuali licenziamenti risponderemo con la massima fermezza”.
la Repubblica