Alto debito è il punto debole. Serve un fisco più equo, con il ritorno dell’Imu, più investimenti su infrastrutture, ricerca e lotta alla povertà
Ocse conferma la crescita dell’1% del Pil italiano per il 2017, ma taglia le previsioni per il 2018 dall’1% indicato a marzo allo 0,8%. Si tratta del dato peggiore tra tutti i maggiori paesi. A pesare sull’anno prossimo sarà una correzione dei conti pubblici “richiesta dalle regole Ue, anche se l’economia sta funzionando ben al di sotto del suo potenziale e la ripresa resta fragile”, indica l’Economic outlook semestrale dell’organizzazione. L’assunto è che la correzione implichi un mix di aumento delle tasse sui consumi e di tagli alla spesa.
Per l’Ocse, l’Italia dovrebbe dare priorità “agli investimenti pubblici in infrastrutture, a programmi di ricerca e alla lotta alla povertà e al proseguimento delle riforme strutturali” che accelererebbero la ripresa e alzerebbero l’output potenziale, oltre a rendere la crescita più inclusiva e a ridurre il rapporto Debito/Pil, che intanto si è “stabilizzato”, ma resta il primo dei problemi.
I DATI. L’Ocse prevede un deficit/pil al 2,1% quest’anno e all’1,4% il prossimo e un debito pubblico in calo al 131,8% nel 2017 e al 130,6% nel 2018, dopo il 132,5% toccato nel 2016. Il tasso di disoccupazione è atteso in flessione all’11,5% quest’anno e all’11,2% il prossimo, dall’11,7% del 2016. È tuttavia in rallentamento la crescita dell’occupazione da +1,3% nel 2016 a +0,7% quest’anno e a +0,5% il prossimo. Ne risentirà la dinamica dei consumi: la domanda interna, dopo essere cresciuta dell’1,1%, dovrebbe accontentarsi di +1% nel 2017 e dello 0,9% nel 2018.
L’export, che si avvantaggia del rafforzamento della domanda globale e del calo dell’euro, è stimato in aumento del 4,1% nel 2017 e del 3,6% nel 2018, ma sono in netta crescita anche le importazioni (+4,7% e +3,9%). L’inflazione, dopo -0,1% nel 2016, dovrebbe essere dell’1,5% nel 2017 e dell’1,3% nel 2018.
STIME “PRUDENTI”, IMPATTO VOTO ANTICIPATO “NON NECESSARIAMENTE NEGATIVO”. Le stime dell’Ocse sulla crescita italiana sono “prudenti”: l’andamento potrebbe rivelarsi migliore se la correzione dei conti pubblici l’anno prossimo sarà inferiore a quanto chiesto dalle regole europee, soprattutto se a prevalere sarà la proposta avanzata dal ministro Padoan, che implica un forte “sconto” sull’entità dell’aggiustamento. Fa ben sperare per il quadro economico anche il positivo inizio del 2017. Mauro Pisu, senior economist del desk italia all’Ocse, in un colloquio con Radiocor spiega i motivi che hanno spinto l’organizzazione a tagliare le previsioni di crescita. “La revisione al ribasso del 2018 è dovuta principalmente alla correzione fiscale che dovrà avvenire e che noi assumiamo sarà dell’1% del Pil, cioè di 16-17 miliardi, come previsto dalle regole europee”, con un impatto negativo sulla crescita di 0,2 punti percentuali, precisa Pisu.
Ci sono poi altri fattori di rischio, ad esempio il contesto politico. L’impatto di un voto anticipato, spiega l’economista, “si vedrà dal tipo di bilancio che il governo implementerà. Se riuscirà a presentare una manovra adeguata che rispecchia i bisogni del paese, non necessariamente le elezioni avranno un effetto negativo sulla crescita”. Considerando che la legge di bilancio va presentata alla Ue entro il 15 ottobre, i tempi sarebbero però strettissimi, se le elezioni dovessero svolgersi a fine settembre. “Può essere che questo governo prepari il bilancio, ma sia il prossimo a presentarlo in parlamento. Sarebbe un procedimento inabituale, però le elezioni fanno parte del processo democratico. Sono decisioni politiche. Noi stiamo a vedere l’impatto che avranno sul budget e da lì prenderemo le decisioni per i prossimi outlook”, rileva Pisu a Radiocor.
C’è poi il problema banche. “C’è stato un miglioramento nel flusso dei crediti deteriorati, ma gli stock sono ancora molto elevati e ci vorrà tempo prima che diminuiscano. Comunque, si è trovato un accordo con la Ue su Mps, che dovrebbe portare alla dismissione di 26 miliardi di npl, un numero enorme, che va nella direzione giusta”.
LE PRIORITÀ. Il governo “deve affrontare il compito di ridurre il deficit di bilancio e il debito pubblico, rafforzare la ripresa e continuare nel processo delle riforme strutturali”, scrivono gli economisti, rilevando che “il debito pubblico si è stabilizzato nei confronti del pil, ma il suo elevato livello resta una vulnerabilità”. Se il governo dovesse usare tutti i 20 miliardi di euro stanziati per la ricapitalizzazione delle banche, il debito tra l’altro aumenterebbe dell’1,2% del Pil. Sul fronte bancario l’annotazione è che i crediti deteriorati, così come la bassa redditività delle banche limitano il credito soprattutto alle pmi e all’edilizia. La ricapitalizzazione delle banche in difficoltà e un’accelerazione nella riduzione degli npl aumenterebbe la fiducia e farebbe posto a un aumento del credito e quindi agli investimenti privati.
LA RICETTA. “Allargare la base di tassazione, perseverando nella lotta contro l’evasione fiscale e introducendo tasse sugli immobili basate su valori catastali aggiornati, alzerebbe gli introiti e rendere le tasse più eque” raccomanda l’Ocse, che auspica quindi il ritorno dell’Imu/Tasi. La riforma del sistema di tassazione dei redditi personali dovrebbe mirare ad ampliare la base eliminando la “tax expenditure” e abbassando le aliquote per i redditi più bassi, senza diminuire le entrate fiscali. Un taglio dei contributi previdenziali aumenterebbe l’occupazione, soprattutto dei lavoratori meno qualificati e meno pagati. L’Ocse rileva inoltre che nonostante abbia un ampio settore manifatturiero, l’Italia ha una bassa integrazione delle “global value chain”, cioè nell’economia globale, in parte perché molte aziende sono piccole e hanno una bassa produttività. Al tempo stesso politiche sociali e di formazione inefficaci, che hanno portato ad elevati livelli di povertà e disoccupazione, hanno impedito all’Italia di beneficiare più ampiamente dei vantaggi della globalizzazione. Per rimediare l’Ocse suggerisce tra le altre cose di agevolare la ristrutturazione delle aziende insolventi, di attuare rapidamente e completamente le nuove politiche di attivazione del mercato del lavoro e modificare l’istruzione e la formazione post-secondaria con un forte coinvolgimento delle imprese in modo da fare fronte alle forti discrepanze tra competenze e mercato del lavoro.
L’ECONOMIA GLOBALE. Va un po’ meglio, ma non abbastanza. L’umore dell’economia globale è risalito nell’ultimo anno, ma l’ancora modesta espansione ciclica non è abbastanza robusta da garantire una ripresa duratura dell’output potenziale o per ridurre le persistenti disparità. L’Ocse rivede al rialzo la crescita per il pil globale nel 2017 dal 3,3% indicato a marzo al 3,5% e mantiene la stima del 3,6% per il 2018, dopo il 3% del 2016. Confrontata con la media dei 20 anni pre-crisi, la crescita del pil pro-capite dell’Ocse resta inferiore di mezzo punto ed è sotto la media anche la crescita globale, rileva lo studio. Dopo cinque anni di ripresa debole, con la crescita del 2016 al livello minimo dal 2009 – indicano comunque gli economisti dell’ocse – “inizia a vedersi un miglioramento”.
Huffington Post