Il rapporto annuale dell’Eurotower: “Rilevati otto casi di inottemperanza all’obbligo di consultazione per i progetti nazionali”. I crediti deteriorati restano la sfida più importante per banche dell’Eurozona. Draghi difende il Qe: “Ha effetti redistributivi”. Per il presidente uno stipendio da 390 mila euro
C’è anche una piccola tirata di orecchie all’Italia nel rapporto annuale della Bce pubblicato oggi da Francoforte. Il nostro Paese è tra quelli accusati dall’Eurotower di non aver rispettato l’obbligo di consultare la stessa Bce sui progetti legislativi nazionali che rientrano nelle sue competenze. Obbligo previsto dall’articolo 127, paragrafo 4, e dall’articolo 282, paragrafo 5, del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea.
“Sono stati registrati otto casi di inottemperanza all’obbligo di consultazione della Bce su progetti legislativi nazionali; alcuni di questi casi sono considerati chiari e rilevanti”, si legge nel rapporto. “La Bce non è stata consultata dal Ministero dell’economia e delle finanze italiano riguardo al decreto legge recante misure urgenti per la tutela del risparmio nel settore bancario, volto a definire il quadro giuridico per l’erogazione di assistenza finanziaria pubblica straordinaria alle banche italiane“. Nel rapporto, la Bce indica che “sono stati ritenuti esempi di inottemperanza chiara, rilevante e reiterata i casi di omessa consultazione da parte di Grecia, Ungheria e Italia“.
Per il nostro Paese poi – rileva il rapporto – uno dei punti più problematici resta quelloi dei crediti deteriorati, definito da Draghi nell’introduzione al rapporto una delle “sfide” che le banche dell’eurozona devono affrontare per “rimuovere gli ostacoli che rimangono” per risolvere il problema.
Secondo le stime contenute nel rapporto, l’Italia è al terzo posto nella poco lusinghiera classifica dei crediti deteriorati in rapporto agli impieghi, con un tasso del 17,5%, dietro solo a Cipro (47%) e Grecia (37%), e seguita dal Portogallo (12,7%). Per questi Paesi la Bce parla di livello di Npl “persistentemente elevato”. Nell’area dell’euro, dal minimo del 2,5% nel 2007, il rapporto ha raggiunto un picco del 7,7% a fine 2013, per poi raffreddarsi leggermente al 6,7% a metà 2016.
Il numero uno dell’Eurotower ha quindi difeso nuovamente il programma di acquisto titoli della Banca centrale europea ha avuto “effetti distributivi, soprattutto in termini di disparità”, ha spiegato. “Nel medio termine, la politica monetaria ha effetti distributivi positivi, poichè riduce la disoccupazione con un beneficio, principalmente, per le famiglie meno agiate. L’inclusione nel mondo del lavoro costituisce, in effetti, uno dei più potenti motori per la riduzione delle disparità”, ha scritto Draghi.
Secondo l’ex governatore di Bankitalia il 2016 “è stato un anno difficile, ma anche caratterizzato da segnali di progressi. Anche se l’anno è iniziato avvolto dall’incertezza economica, si è concluso con un’economia su una base più solida dopo la crisi”.Secondo il presidente la Bce “ha navigato in acque agitate” per gli “eventi geopolitici” che hanno riguardato il 2016.
Non manca anche un passaggio dedicato alla Brexit. “Vogliamo sottolineare l’importanza di preservare l’integrità del mercato unico e l’omogeneità delle sue regole e della loro applicazione”, ha scritto facendo riferimento alla decisione del Regno Unito di lasciare l’Unione europea. “L’incertezza politica – ha aggiunto Draghi, – rischia di persistere nel 2017. Ma rimaniamo fiduciosi che la ripresa economica, sostenuta dalla nostra politica monetaria, continuerà”.
Il presidente Bce ha comunque chiuso il 2016 con uno stipendio leggermente più alto rispetto all’anno precedente: 389.760 euro, rispetto ai 385.860 del 2015, secondo quanto emerge dal bilancio, che evidenza un costo per il personale di 349,5 milioni, in aumento dai 306,4 milioni del 2015 principalmente a causa del maggior personale per la vigilanza bancaria.
La Repubblica