Google: l’etichetta ‘fact check’ per combattere le fake news

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Da Mountain View gli strumenti per verificare le notizie sul web, in tutto il mondo: date, fonti, verifiche. Ma la guerra alle bufale è appena cominciata

 

GOOGLE corre ai ripari contro le bufale. Di pari passo con le iniziative di Facebook per la verifica e lo stop alle fake news, anche Mountain View compie un passo decisivo creando un’etichetta con l’obiettivo di aiutare gli utenti a trovare informazioni utili, offrendo visibilità ai contenuti che gli editori creano.
Non sarà abbastanza, ma è una prima ”rete” per non cadere nelle tante trappole disseminate tra i risultati della ricerca del motore più utilizzato sul web e nel flusso infinito di notizie che Google News ha così l’intenzione di filtrare. Migliaia di articoli pubblicati online ogni minuto di ogni giorno, per una quantità di contenuti con cui si confrontano milioni di utenti e purtroppo non tutti affidabili e veritieri. Lo hanno dovuto ammettere anche i giganti della Silicon Valley, – Facebook, Wikipedia, Mozilla tra i tanti – obbligati ad attivarsi per cercare di offrire ora la qualità, oltre alla quantità dei loro risultati.
Un’occasione per cambiare uno dei parametri della grande corsa all’oro della pubblicità che sta ancora offrendo il fianco, purtroppo, ai bufalari: un giro di affari da decine di milioni di dollari duro a morire. Nel frattempo, però, arrivano i primi strumenti (tools) per armarsi di santa pazienza nel verificare i link disponibili in Rete prima di affidarsi ciecamente alla marea di link disponibili.
“Purtroppo, non tutti questi contenuti sono aderenti ai fatti o veri, – spiegano da Google – rendendo così difficile per i lettori distinguere i fatti da ciò che è falso. Ecco perché ad ottobre, insieme ai nostri partner di Jigsaw, abbiamo annunciato che in alcuni Paesi avremmo iniziato a consentire agli editori di mostrare l’etichetta Fact Check in Google News. Questa etichetta consente di identificare in modo più immediato gli articoli di verifica dei fatti”.
Da qui l’estensione dell’etichettatura da Google News a Google Search, a livello globale e in tutte le lingue. Le istruzioni per l’uso sono semplici: ”Per la prima volta, quando viene effettuata una ricerca su Google che restituisce un risultato che contiene la verifica dei fatti di uno o più affermazioni pubbliche, questa informazione verrà chiaramente visualizzata nella pagina dei risultati di ricerca. Lo snippet (un box, ndr) mostrerà informazioni sulla dichiarazione verificata, da chi è stata fatta e se una fonte ha verificato quella particolare dichiarazione”
Il mese scorso Facebook ha attivato uno strumento analogo per ”bollare” le notizie reputate false e sottoposte poi alle compagnie di fact-checking per una verifica puntuale dei fatti. Il meccanismo è stato inaugurato per la prima volta in Germania, in vista delle elezioni, dopo che la cancelliera Angela Merkel è stata bersagliata da articoli ingannevoli in materia di politica sull’immigrazione. Nel giro di poche settimane il governo tedesco ha proposto una bozza di legge, approvata il 5 marzo, con multe fino a 50 milioni per chi si rende colpevole di veicolare messaggi diffamatori, offensivi o istigazioni all’odio. Una scure per siti e piattaforme (come Facebook, appunto) che diffondono contenuti terzi ma ne diventano responsabili, così da doverne garantire i contenuti.
Gli utenti, dunque, sono avvisati: almeno per quanto riguarda Facebook e Google, che rappresentano le piattaforme maggiormente utilizzate, hanno ora strumenti utili per stare in allerta e verificare l’attendibilità dei contenuti che trovano sul web o condividono via social network. Bisogna vedere quanto tempo saremo disposti a spendere, da utenti e consumatori voraci di notizie ”cotte e mangiate” soprattutto via mobile, per fare quel clic in più che ci permetterà di valutare fonti e verifiche del caso. Così come aziende ed editori dovranno darsi ancora da fare per trovare altri ”filtri” utili ed efficaci per altri mezzi di comunicazione – vecchi e nuovi – che si abbeverano alle stesse fonti per informarci: dalla buona vecchia televisione fino alla pletora di nuovi assistenti virtuali.

Gaia Scorza Barcellona, La Repubblica