Girala come vuoi, ma la Mondadori France, il terzo editore transalpino con una trentina di testate nelle aree tradizionali dell’editoria periodica (femminili, auto, natura, gossip, divulgazione scientifica), produce più utili del suo omologo italiano, la divisione periodici. I numeri parlano da soli: i periodici italiani hanno prodotto l’anno scorso 310 milioni di euro di ricavi con una perdita del 3,8%; i periodici francesi hanno prodotto 321 milioni di euro di ricavi con una perdita del 2,9%, considerando solo le diffusioni, e del 6,5% mettendo insieme edicola, abbonamenti e pubblicità su carta e sul web. Fin qui le due entità sembrano muoversi con la stessa velocità in un mercato che appare stagnante – come si legge nello stesso comunicato diffuso martedì da Segrate – sia in Italia sia in Francia.
La differenza, invece, salta subito agli occhi quando si passa alla riga «margine operativo lordo rettificato» che è, poi, l’indicatore più rilevante della profittabilità di un’azienda. Ebbene, il margine lordo dei periodici italiani, pur facendo un balzo mirabolante da 3,5 a 10,5 milioni di euro, frutto soprattutto di «incisive azioni di revisione della struttura editoriale», cioè di una severa cura di tagli e chiusure sicuramente inevitabili, è una frazione (un terzo) di quanto realizzato, nelle stesse difficilissime condizioni di mercato, da Mondadori France. Che ha chiuso il bilancio con un «margine operativo lordo rettificato» di 33,2 milioni di euro con una limatura del 5% rispetto al 2015, ma continuando a difendere quota 10% della «marginalità sui ricavi» (10,3% nel 2016; 10,8% l’anno prima).
Qual è la conseguenza di tutto questo? Che la controllata francese, guidata da Carmine Perna, manager fidatissimo di Ernesto Mauri (che ha mantenuto la presidenza di Mondadori France), ha risorse per fare nuovi lanci e nuove acquisizioni.
Domani, come anticipato da ItaliaOggi nell’edizione di ieri, arriva in edicola Mellow, femminile dedicato al benessere. Un paio di mesi fa era stato lanciato Grazia Homme. Ora è in cantiere, per la fine dell’anno, un altro femminile cui sta lavorando la direttrice esecutiva, in pratica il numero due di Mondadori France, Carole Fagot. Progetto innovativo non tanto per il concept ma per la sua struttura produttiva: sarà il primo prodotto editoriale realizzato in collaborazione con un partner industrial-pubblicitario. Anzi i partner, al momento, sono due. Fagot e Perna decideranno presto con chi allearsi.
Per la verità a Perna, dopo la fase della ristrutturazione (molte testate sono state chiuse anche qui negli anni scorsi) piacerebbe aprire il capitolo della crescita perché essere il «numero tre» dell’editoria francese (come dichiara l’homepage del sito aziendale) fa venire voglia di diventare il numero due.
Ma come? Con una acquisizione importante, come ha fatto capire lo stesso ad Mauri. Ma quale? Nel mirino, anche se non lo ammette nessuno, ci sono le testate televisive del gruppo Lagardère che, unite a quelle di Mondadori, farebbero dell’azienda di Montrouge, la Segrate parigina, il numero uno del segmento.
C’è un solo problema: il gruppo Lagardère, che sta peggio di tutti con una chute, una caduta dei ricavi superiore al 7%, è al momento quasi paralizzato da uno scontro interno, la classica guerra tra manager con visioni e strategie diverse: da un lato il direttore generale della holding Denis Olivennes, il barbuto compagno della ex mannequin Ines de La Fressange; dall’altro il consigliere speciale, anzi «très special», come insinuano maliziosamente i giornali francesi, del vecchio patron Arnaud Lagardère, Ramzy Khiroun, un algerino figlio di un tassista, ex portavoce di Dominique Strauss-Khan, l’ex direttore generale del Fondo monetario internazionale, diventato «l’homme le plus influent de France» come ha scritto nel 2015 il settimanale L’Obs. Nello scontro tra Olivennes e Khiroun le comunicazioni tra Lagardère e Mondadori si sono interrotte. Per ora.
Giuseppe Corsentino, ItaliaOggi