Utenti pronti ad accettare la pubblicità se non è invasiva
Il fenomeno dell’ad blocking, il blocco della pubblicità sui siti web attraverso applicazioni specifiche, in Italia è stabile. La seconda rilevazione del progetto lanciato lo scorso anno dalle varie associazioni del settore indica che gli utenti che usano un ad blocker su pc sono il 13% del totale e 15% le pagine filtrate. Esattamente le stesse percentuali di maggio 2016.
Questi dati, che riguardano la navigazione da computer e sono rilevati da comScore attraverso il proprio panel, sono confermati da altre due fonti del progetto: l’indagine tramite interviste di Human Highway che quantifica gli utilizzatori dei blocker da tutti i dispositivi, mobile compresi, e i dati provenienti dalle concessionarie aderenti a Fcp-Assointernet.
Secondo l’indagine di Human Highway, in particolare, la percentuale di utilizzatori da tutti i device è del 22,2% (8% solo sui cellulari). Attenzione però che non tutti gli utenti compresi in questa percentuale usano i blocker su tutti i propri dispositivi (magari lo installano solo sul pc e non sul tablet o sullo smartphone) né su tutti i browser che usano per navigare. Così come non usano i blocker su tutti i siti, lasciando che qualcuno mantenga le proprie inserzioni. Ecco che la percentuale del 22,2%, spiega la ricerca, si può ricondurre al 13% indicato dal panel di comScore.
Sarà da verificare se si è già raggiunta la saturazione nell’utilizzo dell’ad blocking in Italia con le prossime rilevazioni. Dall’indagine comunque emerge che c’è pur sempre un 11,2% di intervistati che «potrebbe» installare un’app o un’estensione di questo tipo nel prossimo futuro.
La buona notizia per gli operatori del settore, oltre a quella della stabilità del fenomeno, è che cresce la quota di utenti «recuperabili», disposti a rinunciare all’ad blocker a determinate condizioni: dal 50,8% di maggio al 56% di novembre, mentre gli utenti «irrecuperabili» passano dal 18,8% di maggio al 18,1% di novembre.
Come fare per recuperare questi utenti? Intanto resta significativa la conoscenza del patto pubblicitario (42,7%) ovvero che la pubblicità è fonte di finanziamento di contenuti grauiti. Le risposte sui motivi dell’utilizzo dei blocker, poi, possono aiutare: gli utenti che bloccano su pc si lamentano che i formati pubblicitari sono troppo invasivi, che l’affollamento impedisce di leggere i contenuti e che l’advertising rallenta i tempi di caricamento dei siti. Pesa anche vedere sempre le stesse pubblicità o annunci non in linea con i propri interessi. Simili le motivazioni degli utenti di smartphone, con il rallentamento del caricamento delle pagine in testa, ma con in più la preoccupazione di consumare troppo traffico dati.
Il progetto, coordinato da GroupM, è promosso da Assocom, Fcp-Assointernet, Fedoweb, Iab Italia, Netcomm e gli investitori dell’Upa.
di Andrea Secchi, Italia Oggi