Nel 2016 utile netto a 3,1 miliardi, quasi tutti in cedole e l’anno prossimo cresceranno. Atlante e gli oneri ai fondi consortili pesano per 377 milioni. Dubbi del mercato sulla scalata a Generali, definita un “case study”
Intesa Sanpaolo ha chiuso il 2016 con un utile netto di 3,1 miliardi, in aumento del 13,6% rispetto all’esercizio precedente. Nel solo trimestre tra ottobre e dicembre, che ancora non era stato reso noto, l’utile è salito a 776 milioni, dai 13 milioni dello stesso periodo del 2015, ma un po’ meno degli 804 milioni previsti dalla media degli analisti. I proventi trimestrali sono saliti a 4,2 miliardi, con interessi netti in calo a 1,7 miliardi e commissioni nette in aumento a 2 miliardi.
Nell’intero esercizio i proventi operativi netti sono diminuiti dell’1,5% a 16,9 miliardi, equamente ripartiti tra interessi netti (7,3 miliardi, -5,5%) e commissione nette a (7,3 miliardi, -0,7%). I costi operativi sono scesi dello 0,7% a 8,7 miliardi, per un rapporto cost/income cresciuto al 51,2%. Il cda proporrà all’assemblea la distribuzione di un dividendo cash da 3 miliardi, e la banca ha confermato che nell’intero arco quadriennale 2014-2017 si impegnerà a distribuire 10 miliardi di euro in dividendi complessivi, come da piano d’impresa. Finora Intesa Sanpaolo nel triennio ha già pagato 6,6 miliardi di euro di dividendi, incluso quello di prossimo stacco. Questo comporta una riduzione rispetto ai 4 miliardi di obiettivo 2017 recentemente annunciato, ma il ceo Carlo Messina ha spiegato agli analisti che “in questo contesto difficile preferisco essere prudente nelle stime per poi fare meglio, piuttosto che il contrario”.
Nell’ultimo quarto di esercizio, che ha visto scendere il monte crediti deteriorati e il flusso di questi provenienti da quelli in bonis (“ai livelli più bassi dalla costituzione di Intesa Sanpaolo”, riporta una nota), si sarebbe guadagnato di più, senza “i contributi ordinari e straordinari al fondo di risoluzione, i contributi ordinari al fondo di garanzia dei depositi e gli oneri relativi alle rettifiche di valore riguardanti Atlante e lo schema volontario del Fondo Interbancario di Tutela dei Depositi“, che hanno ridotto i profitti netti da 1.153 milioni a 776 milioni. Ciò implica la svalutazione degli 845 milioni investiti nel fondo Atlante per salvare le popolari Vicenza e Veneto: il bilancio sconta rettifiche di valore per 227 milioni.
La banca è “protagonista dello scenario europeo, con prospettive di crescita che potremo cogliere a condizione di mantenere inalterata la nostra capacità di remunare i soci in maniera significativa e la nostra forza patrimoniale, che resta un fattore competitivo di importanza cruciale”, ha dichiarato l’ad Messina.
Il riferimento è al dossier Generali, che restano un oggetto di valutazione per Intesa Sanpaolo, ma Trieste sembra un po’ più lontana dall’asse Milano-Torino della banca. In una nota mattutina, l’istituto aveva definito un “case study” la possibile integrazione con la compagnia, che negli ultimi giorni è stata pesantemente avvicinata alla banca per una possibile operazione straordinaria dalle dimensioni eccezionali per l’Italia. L’azione dell’assicuratore tratta poco mossa (segui in diretta), mentre Intesa è in lieve rialzo (segui in diretta). Che i tempi non siano lampo è stato ribadito dallo stesso ceo durante la conferenza con gli analisti: Intesa si prenderà “tutto il tempo necessario per una valutazione completa e solida” del dossier.
Stamani la banca aveva precisato: “Con riferimento a recenti notizie di stampa in merito all’imminente lancio di un’offerta pubblica di scambio riguardante Assicurazioni Generali, riportanti anche presunte relative condizioni, Intesa Sanpaolo – così come anticipato da un proprio portavoce ieri pomeriggio – ribadisce in un comunicato diramato poco fa quanto già reso noto al mercato nel comunicato stampa dello scorso 24 gennaio. Intesa Sanpaolo conferma pertanto che possibili combinazioni industriali con Assicurazioni generali sono tuttora soltanto oggetto di un ‘case study’, nell’ambito delle molteplici valutazioni che il management della banca svolge regolarmente in tema di opzioni di crescita endogena ed esogena del gruppo”.
Si interrogano anche gli analisti. Per Equita sono due i concetti da portare a casa: nel brevissimo termine non sono attesi sviluppi e Intesa ha diverse opzioni sul tavolo, fra cui – probabilmente – un’offerta di scambio 100% in azioni e un’offerta mista azioni e cash. “La nostra ipotesi di base – scrive la sim – è un’offerta sul 60% di Generali a 19 euro con 8 euro pagati cash”. Secondo Hammer Partners il comunicato di Intesa è “ancora confuso” in quanto non è chiaro se la banca ha deciso di lasciar cadere il suo interesse per le Generali in modo definitivo o se sta guardando a opzioni differenti. Per Intermonte le tempistiche sembrano “allungarsi” e “le modalità e gli obiettivi di Intesa Sanpaolo non sono del tutto chiari”. In ogni caso la banca “non sembra al momento disposta” a lanciare un’offerta pubblica di scambio. Sempre Intermonte non esclude che Intesa “abbia intavolato discussioni sia con i regolatori Bce per valutare un eventuale impatto sul capitale”
dell’operazione “sia con i propri azionisti e con quelli di Generali per capire le modalità per un’eventuale partnership”. Se l’appeal speculativo diminuisce “nel breve”, concludono, ci sono “ancora chance significative di sviluppi nella vicenda”.
di ANDREA GRECO e RAFFAELE RICCIARDI, La Repubblica