L’ad Vitaloni: il gruppo Unichips fattura 310 milioni all’anno, con sei stabilimenti in Italia e in Francia e 2 mila posti di lavoro
Davanti allo stabilimento di corso Vercelli a Novara il via vai dei camion è continuo: ogni giorno entrano trecento tonnellate di patate crude ed esce un milione di confezioni di patatine fritte marchiate San Carlo o con uno degli altri brand del gruppo Unichips. I prodotti vengono dirottati verso i 169 centri di distribuzione italiani che servono 200 mila punti vendita. La parola chiave è capillarità. L’azienda infatti, duemila collaboratori, sei impianti produttivi in Italia e tre in Francia e 310 milioni di fatturato nel 2015, è rimasta fedele al modello nato nel 1936 nella rosticceria San Carlo di Milano, quando il titolare Francesco Vitaloni e la moglie Angela facevano distribuire le patatine croccanti appena sfornate alle panetterie e ai bar della città. Oggi i garzoni in bicicletta sono stati sostituiti da 1370 furgoni, ma il principio è lo stesso, così come la famiglia che gestisce il marchio col 60% del mercato nazionale. Susanna Vitaloni, amministratore delegato del gruppo Unichips, è figlia del presidente Alberto (premiato quest’anno con l’Ambrogino d’oro dal Comune di Milano) e nipote del fondatore.
Signora Vitaloni, la vostra azienda compie ottant’anni. Com’è cambiato il modo di consumare patatine fritte dal 1936 a oggi?
«Nella rosticceria aperta da mio nonno in via Lecco a Milano le patatine venivano proposte come contorno alle pietanze. Nel tempo si sono affermate come snack fuori pasto, aumentando le occasioni di consumo e permettendo una maggiore diffusione. San Carlo ha saputo cogliere queste tendenze e si è così affermata come leader del mercato, grazie alla sua capacità di incontrare le esigenze dei consumatori nelle diverse occasioni di consumo e, soprattutto, alla sua distribuzione sul territorio».
Vendete anche snack salati, dolci e panificati. Chi ha l’ultima parola sui vostri prodotti?
«La mia famiglia continua a essere protagonista della nostra storia: io personalmente sono coinvolta nella valutazione e nell’elaborazione dei nuovi prodotti, per cui è fondamentale – oltre a un metodo rigoroso – una sensibilità che abbiamo maturato in tre generazioni».
Quali sono i Paesi più interessanti per il vostro export?
«Negli ultimi anni abbiamo avviato un processo di internazionalizzazione volto a rafforzare la presenza in Europa e penetrare anche nei mercati extra-europei. Tra questi, le aree più interessanti sono di certo il Medio e l’Estremo Oriente, dove l’attrattiva del made in Italy è molto forte».
Cosa pensa dei punti vendita in franchising di patatine fritte?
«Si tratta di un prodotto e di un mercato diversi dal nostro: sono patatine surgelate e fritte all’istante con un processo differente; le modalità dell’offerta sono più assimilabili al mondo dello street food che ai canali che noi serviamo. Si tratta, certo, di un’interessante novità per il mercato, ma non rappresentano per San Carlo un possibile concorrente».
I vostri prodotti sono fritti con una miscela di oli che contiene anche olio di palma. Che idea si è fatta del dibattito in corso?
«Abbiamo assistito a un dibattito dai toni molto accesi, in cui si sono susseguite difese e accuse a un ingrediente, con un’enfasi mai vista. Tutto ciò ha, a mio avviso, creato confusione nel consumatore. L’olio di palma è un ingrediente utilizzato da moltissimi anni negli alimenti. Presenta indubbi vantaggi per il nostro settore, perché è stabile alle alte temperature di frittura e poco sensibile all’ossidazione. Ha grassi saturi in misura di poco inferiore al burro e può, come confermato da autorità e istituti di ricerca, essere consumato in una dieta equilibrata. San Carlo dal 2009 utilizza il “Sanoil”, una miscela di oli vegetali da noi brevettata (contenente girasole e palma) che riduce il contenuto in grassi saturi salvaguardando il gusto».
Avete sempre puntato sul marketing: dai gadget nei pacchetti per bambini alla scelta dello chef Carlo Cracco come testimonial, passando per le confezioni bianche che mettono in risalto il marchio. Quali sono le vostre strategie per il futuro?
«Continueremo a innovare sulla qualità dei prodotti e sulla loro distintività, per soddisfare le esigenze dei nostri consumatori. Anche nel 2017 sapremo essere precursori nel mercato con nuove iniziative».
C’è una qualità di patate italiane sulla quale poter costruire una filiera d’alta qualità per i consumatori più esigenti? «Il nostro obiettivo è avere le patate migliori, che provengono – a seconda del momento dell’anno e della stagionalità – da Paesi diversi, tra cui anche l’Italia. Con i nostri fornitori, grazie a relazioni continuative e a una collaborazione che parte dalla semina, riusciamo a raggiungere livelli qualitativi elevati. Le varietà di patate che possono essere utilizzate nella frittura industriale sono limitate e l’Italia non è il Paese più adatto. Ciò nonostante continuiamo nella ricerca di nuove materie prime e siamo interessati a valutare possibili collaborazioni di filiera».
La Stampa