Pesa il contributo al Fondo di risoluzione. Il Cet 1 phased in sale all’11,68%, include un dividendo “almeno pari a quello del 2015”. Analisti: conti in linea con le attese. Banca Imi: ora focus sulle tre good bank. L’ad Massiah glissa
Balza del 4,25% a 2,406 euro questa mattina Ubi, dopo la pubblicazione dei conti. La banca ha chiuso il terzo trimestre con un utile di 32,5 milioni di euro rispetto ai 37,6 milioni dello stesso periodo del 2015, che includeva un contributo al Fondo di Risoluzione inferiore di 10 milioni netti rispetto al 2016.
I dati sono in linea con le attese degli analisti di Banca Imi (rating buy, target price 3,6 euro), che ora sono focalizzati sulla possibile acquisizione delle tre good bank da parte di Ubi. Giudizio buy e prezzo obiettivo di 4,3 euro confermato anche da parte di Banca Akros. Gli esperti sottolineano conti in linea con le aspettative e un utile netto trimestrale sopra le previsioni (26 milioni di euro) grazie ad un migliore tax rate del 25% contro un 33% atteso.
Includendo gli impatti degli oneri previsti per l’attuazione del piano industriale contabilizzati up front a partire da giugno 2016 (840 milioni netti), i nove mesi si chiudono invece con una perdita di 754,5 milioni, in riduzione rispetto al rosso registrato nel primo semestre dell’anno (787 milioni) grazie ai risultati positivi del terzo trimestre. Negli 840 milioni, scrive la banca, “sono incluse le rettifiche su crediti che hanno determinato un riassorbimento della shortfall, gli oneri per incentivi all’esodo, l’impairment dei marchi e delle spese progettuali correlati al progetto Banca Unica”.
Sui dati Victor Massiah, ad di Ubi, ha parlato di “un buon ritorno all’utile nel terzo trimestre, in particolare migliora nettamente la qualità del credito, perché abbiamo un portafoglio complessivo molto meno rischioso che genera dei passaggi da bonis a crediti problematici che sono un terzo di quelli che erano nei momenti di picco della crisi”.
Per il manager è una trimestrale “coerente con quelle che erano, nel complesso, le aspettative del piano, dove sul lato ricavi le commissioni vanno nel senso di compensare il minor margine di interesse mentre i costi e il costo del rischio sono perfettamente allineati con le aspettative”.
Il Cet1 phased in si attesta a fine settembre all’11,68%, in crescita rispetto all’11,43% di giugno, influenzato dalla contabilizzazione degli oneri relativi al piano industriale. Il Cet1 Fully loaded è all’11,28% rispetto all’11,02% dello scorso giugno. I parametri includono un dividendo “almeno pari a quello del 2015”. Il Total capital ratio phased in è al 14,55% (14,47% al giugno 2016), il Leverage ratio phased in al 5,9% e fully loaded al 5,7%.
La banca spiega che il riacquisto delle minorities presenti nelle Banche Rete, soprattuto attraverso l’emissione di azioni Ubi e l’effetto della deducibilità fiscale delle maggiori rettifiche su crediti effettuate porteranno un beneficio stimato in 70 punti base sul Cet 1 fully loaded, dato non incluso nei conti di settembre.
Il margine d’interesse nei nove mesi è in diminuzione del 9% a 1,133 miliardi “per effetto della riduzione e ricomposizione del portafoglio titoli, della significativa riduzione delle inadempienze probabili (-34,9 milioni di euro di interessi attivi anno su anno) e per l’ulteriore discesa dei tassi di mercato”. Non include i benefici del Tltro2.
Le commissioni nette nei nove mesi salgono a 988,8 milioni (+2%), in calo le spese del personale a 315 milioni, -1,4% rispetto ai 319,3 milioni nel secondo trimestre 2016.
Le rettifiche di valore per deterioramento di altre attività sono pari a 50,9 milioni (6,4 milioni nel 2015) “essenzialmente una tantum e riferite al sostanziale azzeramento del rischio di credito residuo legato a strumenti finanziari su una posizione di credito deteriorato”.
Nel solo terzo trimestre il margine d’interesse scende a 368 milioni, -2,8% rispetto ai 378 del secondo trimestre 2016 (non include i benefici del Tltro2), stimabili in 10 milioni di euro. Commissioni nette a 321 milioni, in flessione stagionale rispetto ai 330,3 milioni del secondo trimestre, ma in crescita del 7% rispetto all’analogo trimestre del 2015.
Elena Dal Maso, Milano Finanza