Approvata ieri la legge sul settore in vigore da gennaio. Stop alla censura dopo 103 anni. Via le commissioni: incentivi in base a premi e successo in sala
È legge il ddl sul cinema che istituisce un fondo unico dotato di 400 milioni di euro annui per lo sviluppo del settore. Ieri il provvedimento è passato alla camera senza modifiche con 281 voti a favore, 97 contrari (Sel e M5S) e 17 astenuti (Fdi e Lega) e dovrebbe entrare in vigore già con i decreti attuativi dal prossimo gennaio.
Nel provvedimento sono previsti anche meccanismi automatici per l’accesso agli incentivi e l’addio alla censura in Italia dopo 103 anni.
Il Fondo per lo sviluppo degli investimenti nel cinema e l’audiovisivo è la principale novità della legge, che riunisce le risorse dedicate al settore prima suddivise fra Fus Cinema (Fondo unico per lo spettacolo) e tax credit, ovvero la possibilità di compensare i debiti fiscali con il credito maturato a seguito di un investimento nel settore cinematografico. Grazie al provvedimento le risorse complessive aumentano del 60%, ovvero 150 milioni in più all’anno. Il fondo si alimenterà con un meccanismo di autofinanziamento del settore, senza nuove tasse: l’11% di Ires e Iva che arrivano allo stato da programmazione tv, distribuzione e proiezione cinematografica, servizi di accesso a Internet da parte delle tlc, saranno destinati a questo scopo. Un modello ispirato a quello francese dove un autofinanziamento del genere esiste già.
Per quanto riguarda i beneficiari dei finanziamenti, la valutazione del merito non sarà più affidata a commissioni ministeriali che fino a ora valutavano l’«interesse culturale delle opere», rendendo in qualche modo opaca la decisione, ma ci saranno automatismi che dipendono dai premi ricevuti e dal successo in sala, ovvero dai meriti artistici e dai risultati economici.
Quote prestabilite del fondo saranno poi riservate a scopi specifici. Il 18%, ovvero 72 mln su 400, sarà destinato a opere prime e seconde, piccole sale, festival e rassegne di qualità. Il 3%, invece alle scuole, «al potenziamento delle competenze cinematografiche ed audiovisive degli studenti».
Inoltre saranno potenziati i tax credit, con incentivi fino al 30% dell’investimento, quota che aumenta fino al 40% per i produttori indipendenti.
Attenzione particolare, poi, per gli esercenti cinematografici, con 120 milioni in cinque anni per riattivare le sale chiuse o aprirne di nuove.
Le legge cancella anche la censura di stato: non ci saranno più commissioni ministeriali a valutare i film, ma saranno gli stessi produttori e distributori a classificare i propri prodotti mentre lo stato interverrà con sanzioni nel caso di abusi. Per questo il governo dovrà definire un sistema di classificazione sui contenuti. La censura in Italia era presente dal 1913, un controllo preventivo contro spettacoli osceni, contrari al decoro, al prestigio delle istituzioni, che poi è stato confermato in periodo fascista e successivamente, dalla legge base del 1962 e le modifiche del 1998.
«Si tratta di una riforma attesa da oltre cinquant’anni e ben preparata nei lavori della commissione cultura al senato», ha detto il ministro dei Beni culturali e del turismo, Dario Franceschini, «che prevede la creazione di un fondo completamente autonomo per il sostegno dell’industria cinematografica e audiovisiva e pone fine alla discrezionalità». Mentre commenti positivi sono arrivati da molti esponenti del settore. Per Paolo Del Brocco, amministratore delegato di Rai Cinema, si tratta di «una legge attesa da molti anni, che è strategica e funzionale alla crescita della produzione culturale del paese». Così anche i presidenti dell’Associazione nazionale esercenti cinema, Luigi Cuciniello, dell’Associazione nazionale esercenti multiplex, Carlo Bernaschi, e il neo presidente dell‘Anica (Associazione nazionale industrie cinematografiche audiovisive), Francesco Rutelli in attesa del «secondo tempo»: quello dei regolamenti attuativi.
Italia Oggi