da Parigi Giuseppe Corsentino
La Brexit salva Martin Sorrell, il grande capo di Wwp, il colosso mondiale della comunicazione e della pubblicità (56 miliardi di euro di fatturato nel 2015 con un utile lordo, prima delle tasse, di 1,7), incoronato per la sesta volta «holding dell’anno» al festival internazionale della creatività che si svolge ogni anno, a fine giugno, a Cannes.
Il pensionamento di sir Sorrell, 71 anni, l’uomo che ha trasformato un’aziendina pubblicitaria di medie dimensioni in un gigante globale (oggi controlla le griffe più prestigiose, da Jwt alla Young&Rubicam, da Kantar al network Olgivy premiato anch’esso a Cannes come «Le premieur reseau de l’année») e che incassa ogni anno un compenso di 90 milioni di euro (il più alto in assoluto in Gran Bretagna), non è più all’ordine del giorno (vedere ItaliaOggi del 5 maggio).
Incombono altri problemi, dice lui stesso scherzando con i giornalisti al suo ritorno da Cannes, dove ha incontrato l’eterno rivale, Maurice Lévy, il patron di Publicis, il numero tre mondiale della pubblicità, quasi 10 miliardi di euro di fatturato e 900 milioni di utili, anche lui superpagato (3,9 milioni di euro, lo stipendio più alto tra i manager delle società quotate al Cac40, la Borsa di Parigi) e anche lui alla vigilia di lasciare il posto al suo successore, il responsabile delle agenzie creative, Arthur Sadoun, erede di una delle più famose (e ricche) famiglie di «pieds noirs», i francesi d’Algeria rientrati in patria dopo la guerra d’indipendenza nel 1962.
E gli altri problemi che incombono su Wpp, dopo la prossima uscita della Gran Bretagna dall’Ue, sono il consolidamento sul mercato europeo (magari con qualche acquisizione) e una più intensa relazione con le autorità e gli uffici comunitari di Bruxelles che vigilano sui mercati.
Quella dichiarazione di Roberto Quarta, il presidente di Wpp, nella lettera agli azionisti del 29 aprile («Sir Martin Sorrell è un uomo straordinario, ma come tutti gli uomini, ad un certo momento della loro vita, hanno diritto al riposo») oggi viene considerata intempestiva e, in ogni caso, fa dimenticare.
Anche alla luce dei risultati di bilancio e dell’attivismo, questo sì straordinario, del settantenne Sorrell che viaggia in continuazione, riunisce il board dell’agenzia in continuazione e sforna nuovi progetti in continuazione.
Con humour tutto britannico ci scherza sopra: sono un «at-will employee» che in inglese vuol dire: sono un dipendente sul punto di essere licenziato. E ai giornalisti francesi a Cannes ripete. «C’est au bord de trancher», sono sul filo del rasoio, sto per tagliare.
Naturalmente non è vero niente. Sorrell è attivissimo e lo dimostra la sua risposta a chi chiede se non gli dispiace di aver perso l’occasione di acquisire, nel 2015, la Havas Media Monde, controllata dal gruppo francese che fa capo, come si sa, a Vivendi e quindi all’ubiquo Vincent Bolloré. «Considero Bolloré il mio concorrente più pericoloso», dice Sorrell. «Ha tutto, televisioni, agenzie pubblicitarie, centri media, musica, sport, giochi, contenuti di ogni genere Ma questo non mi impedisce di considerarlo un conversatore piacevole». Al prossimo colpo basso, monsieur Bolloré.
ItaliaOggi