Archiviata la querela milionaria di De Magistris contro l’Espresso per la famosa copertina “Bevi a Napoli poi muori”. Nei giorni in cui è scoppiato di nuovo lo scandalo della Terra dei fuochi un esito diverso sarebbe stato paradossale.
Ecco come oggi Bruno Manfellotto rievoca la vicenda:
In copertina azzardai il titolo “Bevi Napoli e poi muori”, patient me lo consentiva l’inchiesta di Gianluca Di Feo e Claudio Pappaianni che, basata su documenti ufficiali, era rigorosa e precisa fin nei minimi dettagli. Ne nacque una polemica infuocata. La città insorse. Io, napoletano e ancora legatissimo alla mia città, ne soffrii due volte. Ce ne dissero di tutti i colori. Il sindaco Luigi De Magistris, dopo una infuocata riunione del consiglio comunale e della giunta, querelò i due giornalisti, l’Espresso e il sottoscritto che lo dirigeva, ma tutto quello che scrivevamo allora era vero e documentato. Nel corso del procedimento giudiziario che ne è seguito se n’è reso conto lo stesso pm, l’accusa, che ha chiesto subito l’archiviazione. Proposta accolta il 31 dicembre scorso dal gip. Ma ancora più importante è la motivazione con la quale il magistrato Zsuzsa Mendola ha preso la sua decisione: nell’inchiesta, scrive, non c’era alcuna “modalità tendenziosa e allarmistica” e “per quanto concerne il principio di verità, deve osservarsi che il nucleo essenziale dei fatti narrati corrisponde al vero”. Sono stati inoltre rispettati i limiti del diritto di cronaca “costituiti dall’oggettivo interesse pubblico della notizia, dalla correttezza con cui essa viene esposta, in modo che siano evitate aggressioni all’altrui onorabilità e soprattutto della rigorosa corrispondenza tra i fatti accaduti e i fatti narrati”. Vuol dire che abbiamo fatto bene il nostro mestiere, e questa è per noi la più grande delle soddisfazioni. Resta il problema drammatico dell’inquinamento a Napoli e in Campania, come gli ultimi dati dell’Istituto Superiore di Sanità confermano proprio in queste ore.