I dati di novembre mostrano un Paese in salute: ma in realtà sono «drogati» perché è in aumento chi ha smesso di cercare il lavoro
Festa pre elettorale perché cala la disoccupazione. Peccato che il dato sia drogato da un altra tendenza: aumentano gli inattivi, quelli che le statistiche sulla disoccupazione non prendono in considerazione, ma di fatto non lavorano.
Altra salva di dati presentati in chiave più che positiva dall’Istat. Dai dati di ottobre sul lavoro emerge che la disoccupazione è scesa all’11,6%, con un calo di 0,1 punti percentuali su base mensile. Rispetto al mese precedente cala però il tasso di occupazione, attestandosi al 57,2%. Quest’ultimo dato è quello più importante, perché misura quante persone in grado di lavorare svolgono effettivamente un’attività. Il calo dei disoccupati significa che ci sono meno persone che cercano un lavoro. Infatti l’Istat registra un aumento degli inattivi dello 0,2% sul mese precedente.
Vero che si tratta di microsegnali e che il dato rispetto all’anno precedente resta positivo, con un aumento del numero di occupati dello 0,8% su ottobre 2015, pari a +174 mila.
Ma si tratta di una inversione di tendenza vera. Calano soprattutto i lavoratori dipendenti a tempo indeterminato. Cioè quei contratti per «posti fissi» che il governo Renzi si vantava di avere favorito. Aumentano i contratti a termine (lo 0,3% in più). Il dato che ha fatto esultare il governo è quello sul tasso di disoccupazione giovanile, che è sceso al 36,4% (-0,4 punti percentuali rispetto al mese precedente), che è il valore più basso dal 2012, ovvero da quattro anni. Ma anche in questo caso a pesare è l’aumento degli inattivi, che sono generalmente giovani che non lavorano e non cercano un lavoro. Dati commentati con entusiasmo dalla maggioranza e soprattutto dai Pd più vicini al Premier Matteo Renzi. Il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan è apparso addirittura più entusiasta del collega Giuliano Poletti. «Se prendiamo il periodo di tempo da quando il governo è entrato in carica, gli occupati sono cresciuti più del Pil» (l’Istituto di statistica ha confermato un più 03% per il terzo trimestre). Il ministero del Lavoro si è limitato a osservare come ci sia una «sostanziale stabilità del mercato del lavoro». La variazione negativa del tasso di occupazione, «non incide, infatti, sul positivo andamento tendenziale del mercato del lavoro». Nemmeno il dicastero di via Flavia, insomma, ha il coraggio di festeggiare un calo della disoccupazione che nasconde il segnale negativo della perdita di posti di lavoro.
Le cifre, sotto referendum, hanno un valore relativo. E così per Ernesto Carbone del Pd «continua a calare il tasso di disoccupazione in particolare quella giovanile. Aumenta il Pil. È il segnale che le riforme stanno funzionando». I dati dimostrano che «quella che era una speranza di ripresa diviene certezza», per Titti Di Salvo, vicepresidente dei deputati Pd. Ottimismo elettorale che questa volta nemmeno il premier ha voluto cavalcare.
Antonio Signorini, il Giornale