Nella seconda metà del 19° secolo lo scienziato veronese Marco Ezechia Lombroso —detto Cesare— era, con Giuseppe Garibaldi, l’italiano più famoso del mondo. Oggigiorno se ne parla poco, forse il meno possibile, ma all’epoca aveva guadagnato la fama universale elaborando una teoria secondo la quale “criminali si nasce” e che la propensione criminale potesse dunque essere identificata nell’uomo attraverso certe anomalie fisiche, compresa—notoriamente—la forma della testa. La sua idea la riassumeva in un’osservazione allora assai nota: “…il criminale è un essere atavistico che riproduce sulla propria persona i feroci istinti dell’umanità primitiva e degli animali inferiori”. L’ipotesi, celebre e controversa, ha influenzato, tra gli altri, Sigmund Freud e Carl Gustav Jung—e alla fine di una carriera sicuramente ricca di onori, ha portato Lombroso alla radiazione dalla Società italiana di Antropologia ed Etnologia.
Al giorno d’oggi, supporre che esistano “facce da ladro” e che i criminali si possano riconoscere a vista è quanto di meno “politically correct” si possa immagine ed è praticamente un’offesa alla mentalità moderna. È dunque con un certo imbarazzo che la scienza si trovi ora costretta a riconoscere che forse Lombroso non aveva tutti i torti.
Il revisionismo parte con un esperimento condotto nel 2011 alla Cornell University che ha dimostrato come la gente riesca piuttosto bene a distinguere i criminali dalle persone normali semplicemente guardando le foto. Ora la MIT Technology Review riporta sull’ultimo numero notizia di una ricerca cinese —di Xiaolin Wu e Xi Zhang della Shanghai Jiao Tong University—che ha impiegato una rete neurale (sorta di cervello artificiale in grado di “imparare” autonomamente) per eseguire lo stesso compito: con risultati sorprendentemente precisi.
I due studiosi hanno sottoposto all’analisi le foto dalle tessere d’identità di 1.856 uomini cinesi tra le età di 18 e 55 anni—tutti senza peli facciali. La metà erano criminali riconosciuti e condannati, l’altra metà con la fedina pulita. Dopo essersi “addestrata” sulla raccolta, la rete è risultata in grado di distinguere i criminali dalle persone che si suppongono “per bene” con una precisione dell’89,5 percento. Per quanto possa essere a volte difficile capire esattamente come le reti neurali raggiungano le loro conclusioni, Xiaolin e Xi spiegano che ci sono tre caratteristiche fisiche alla base della classifica: la curvatura del labbro superiore, mediamente del 23% maggiore nelle facce criminali; la distanza tra i due angoli interni degli occhi, del 6% più corta; e l’angolo tra due linee tracciate dalla punta del naso agli angoli della bocca, inferiore del 20%.
Siccome potrebbe essere difficile girare con goniometro e calibro per misurare i visi dei conoscenti, in sintesi i due dicono che, secondo i dati: “le facce delle persone rispettose della legge si somigliano maggiormente rispetto a quelle dei criminali, ossia, i criminali hanno facce più dissimili tra loro”. Il risultato richiama il noto incipit di Anna Karenina in cui Tolstoj osserva come: “Tutte le famiglie felici si somigliano; ogni famiglia infelice è invece disgraziata a modo suo”. Dobbiamo dedurre pertanto che i ladri abbiano effettivamente le facce disgraziate?
James Hansen