Forse è il segno dei tempi, il paradigma dell’informazione economica che cambia all’indomani dell’elezione di un imprenditore miliardario alla Casa Bianca. Forbes, il mensile americano che racconta le storie di successo del capitalismo mondiale e che nel 2017 festeggia il centenario, sbarca in Francia (dove la famiglia Forbes, detto per inciso, possiede una splendida magione settecentesca, Chateau de Belleroy in Normandia).
Per ora solo sul web, con una edizione online (www.forbes.fr) che attinge ai contenuti del portale della testata madre (più di 400 articoli al giorno scritti da un centinaio di giornalisti e da un panel di oltre 1.800 collaboratori, in gran parte economisti e analisti finanziari) con più di 85 milioni di visitatori unici in tutto il mondo tra cui 500 mila francesi.
L’edizione cartacea, se tutto andrà come immaginano i responsabili della casa editrice americana e il partner francese, Dominique Busso, un editore specializzato nella realizzazione di siti (con la sua società NetMediaEurope) e nella pubblicazione di testate specializzate, quella che in Italia si chiama «stampa tecnica» (con un’altra società, la 360BusinessMedia), dovrebbe arrivare in edicola tra un paio d’anni, nel 2019, quando si raggiungerà il break-even con 2 milioni di visitatori unici (un milione e mezzo in più rispetto agli attuali, dunque) e una raccolta pubblicitaria in grado di coprire i 2 milioni di euro d’investimento che sono serviti per il lancio.
Non dovrebbe essere così difficile. Il contesto politico-economico sembra essere favorevole (perfino il sito dell’ultradestra americana, il BreibartNews di Steve Bannon, pensate, ha annunciato l’apertura di una redazione a Parigi e a Berlino) e Busso è un editore abbastanza conosciuto nel mondo delle piccole e medie imprese francesi (che non hanno mai avuto un loro riferimento nel sistema dei media) grazie anche alla sua relazione professionale con Jean Rognetta, un giornalista-saggista che da anni si occupa di questo settore trascuratissimo dai grandi giornali (gli dedica regolarmente i suoi articoli su Capital e su Les Echos e presiede un’associazione di categoria, la PME Finance) ma anche di informazione online (ha scritto un libro, La République des reseaux, la Repubblica delle reti, per l’editore Fayard) e che proprio per queste sue competenze e conoscenze è stato nominato direttore del sito di Forbes France.
Il cui posizionamento nello scenario dell’editoria economica francese risulta chiarissimo già dalle parole del suo direttore Rognetta (che, detto fra parentesi, ha studiato economia all’università di Torino): «Nous voulons être le port-parole de l’entrépreneur; dédramatiser et déculpabiliser qui réussit», vogliamo essere i portavoce dell’imprenditoria, raccontare le storie di successo e affermare il principio secondo cui chi ce la fa merita approvazione e rispetto, deve essere considerato un modello non una persona da colpevolizzare e invidiare.
È la perfetta ricetta neoliberalista e neo-individualista in versione trumpiana che alimenterà, dunque, la versione tricolore di Forbes a cominciare dalla famosa graduatoria dei miliardari di tutto il mondo che farà concorrenza al settimanale francese Challenge’s (del gruppo editoriale di Claude Perdriel, il vecchio fondatore del Nouvel Observateur). Dopo la Francia, Forbes dovrebbe arrivare anche in Italia.
da Parigi Giuseppe Corsentino, ItaliaOggi