di Cesare Lanza
Si può raccontare il calcio in tanti modi. Non so, amici lettori, se riusciate a divertirvi con Fabio Caressa, che trasforma il racconto, su Sky, nella declinazione di algoritmi, citazioni di spread, elenchi di cifre e contabilità da rendere indispensabile, almeno per me, una pillola contro il mal di testa. I suoi compagni di dibattito (Bergomi, Leonardo, Mauro, Stefano De Grandis) si sbellicavano per le risate, di fronte a quella delirante matematica. Il primo a cercare di imporre cifre e statistiche, per spiegare la razionalità del calcio, fu quell’orco iroso e geniale di Giorgio Tosatti, buonanima. A seguire Mario Sconcerti, con maggior puntiglio e minor prestigio. E oggi Caressa sta superando ogni limite di sostenibilità. Vogliamo ricordargli che il calcio è lo sport meno scientifico del mondo? Che basta un ciuffo impertinente d’erba, una zolla guasta del terreno, uno sputo di fango, un tiro sul palo, un arbitro incapace, un rigore (parato o no), un litigio in campo, un’espulsione (e mille altre deliziose varianti!) a cambiare il risultato considerato più logico e prevedibile? (E non voglio parlare di quanto puntualmente ricorre, episodi corruttivi e frodi ripugnanti, risultati pilotati).
Il campionato di calcio italiano non è – da tempo – il più bello del mondo. Ma resta il più intrigante e avvincente, per le contraddizioni e i colpi di scena che derivano da un costante equilibrio, legato alla superiore qualità tattica dei nostri allenatori (non a caso ricercati in mezzo mondo).
Dopo poche giornate le sorprese sono assordanti. Prima sorpresa, la Juve. Ho detto ad agosto che la cara Vecchia, considerata favoritissima da imbarazzanti profeti, non vincerà il sesto scudetto consecutivo: se le va bene farà una fatica infernale, altro che quindici punti di vantaggio, come insiste a dire il mio amico Massimo Mauro! A centrocampo, dove si decidono le partite, una volta c’erano Pirlo, Vidal e Pogba. Oggi il migliore resta Marchisio, tuttora fuori gioco, e comunque inferiore a quei tre fenomeni. Direte: e Pjanic? Macchè. È un tartarughino che ti fa cinque partite geniali l’anno, non di più: nelle altre si nasconde e passeggia. Higuain? Oro che cola se arriverà alla metà dei gol, da record, dell’anno passato. E ancora… Allegri: rischia di perdersi nella troppa grazia di primattori (le sue riserve sono valide come i titolari), ha già fatto casino nelle scelte, lasciando fuori Higuain nel match, perduto, con l’Inter. Viene in mente per lui l’immortale metafora di Jean Buridan – filosofo del Trecento – ovvero un asino fatalmente indeciso, fino a soccombere, tra due secchi ugualmente allettanti, quello d’acqua e l’altro d’avena. Sbaglierò, ma la fortunosa vittoria sul povero Palermo la dice già lunga: è più allarmante, per la bruttezza del gioco, rispetto alla pur desolante capitolazione con l’Inter.
Il Napoli anche sorprende, ma gode. La cessione a peso d’oro di Higuain non ha provocato e non minaccia danni: i gol sono più copiosi, la squadra gioca meglio. Basterá che Sarri, non sostenuto dall’astuto De Laurentis, smetta di lagnarsi degli arbitri: prenda esempio dal fair play di Montella e di Juric, sportivissimi benché al Milan sia stato negato un sacrosanto rigore all’ultimo secondo e al Genoa uno ancor più evidente, con un calciatore del Pescara che salva la porta sulla linea con la mano! Erano rigore e rosso diretto, per regolamento. Il Genoa è la mia squadra del cuore, ammetto doverosamente con i lettori. E ha poi subito due espulsioni e, ridotto a battersi in nove, una meritata vittoria è diventata pareggio, alla faccia di algoritmi e statistiche scientifiche.
Nè gli algoritmi possono prevedere il nuovo casino che esplode nella Roma: Ilary, moglie di Totti, ha definito “un piccolo uomo” l’allenatore Spalletti, proprio nei giorni in cui Francesco compie quarant’anni (e l’inviso trainer è invitato alla festa, chissà se stasera ci andrà!). Condivido però la severità della bella conduttrice. Spalletti stava ricostruendo la Roma, poi è piombato nel caso Totti, con l’evidente incapacità di gestire uno dei più grandi talenti del calcio italiano d’ogni tempo. È presuntuoso dieci volte più di Caressa! Prima lo ha mortificato, addirittura cacciandolo dal ritiro, poi, di fronte alle sue prodezze, ha fatto goffamente marcia indietro, con esagerati e poco credibili complimenti. Un piccolo uomo? Grande no di certo.
Milano, venduta ai cinesi, aspetta Il riscatto dei suoi ex squadroni, una volta dominanti. L’Inter avrebbe campioni in teoria decisivi e De Boer mi piace per il polso di ferro con cui ha buttato fuori Kondogbia, sovrastimato e strapagato, reo di non giocare con la semplicità che il bravo allenatore giustamente pretende. L’Inter arriverà prima del Milan: Montella deve arrangiarsi con una rosa che ha solo due campioni, il grandissimo portiere minorenne, Donnarumma, e il buon goleador Bacca, comunque inferiore al rivale Icardi. Che è un predestinato e, a dispetto dei problemi che gli provoca l’inquieta mogliettina (e procuratrice), firma poesie di gol quali colombe dal disìo chiamate.
O infinite genti amanti del bel calcio! Volete sostenere o no l’adorabile Sassuolo? Se il Leicester ha vinto la Champions League, perché il Sassuolo non potrebbe vincere lo scudetto? Ve lo dico io perché! Forse perchè in Italia c’è il vizietto di mettere la museruola a chi emerge? Al gruppo del talentuoso Di Francesco hanno già rubato tre punti, per una stupidaggine burocratica.
Vi segnalo per ultimo tre eventi: 1. la rinascita, probabilmente illusoria, di Balotelli in Francia; 2.i botti impressionanti del torinista Belotti, futuro centravanti della nostra Nazionale; 3. la sensazionale caduta inglese di Conte. Non credo che gli algoritmi di Caressa avessero previsto tutto questo o che possa, ora, valutarlo alla lavagna, correttamente. Tuttavia vado a farmi un ripassino di aritmetica. Non si sa mai, né mai abbastanza. Però in verità, in verità vi dico che amo il calcio libero, pazzo e irrazionale com’è sempre stato e sempre sarà.
di Cesare Lanza