L’IMPORTANZA DI ESSERE GENOANI

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Cesare LanzaOggi vi propongo una riflessione sul tifo, nel gioco del calcio. Per misteriose ragioni, una creatura umana (quasi) sempre nella sua vita è fedele esclusivamente alla mamma e alla squadra del cuore. Ho scritto quasi: esistono le eccezioni. Cesare Romiti, romanista, diventò juventino quando fu assunto dagli Agnelli come leader della Fiat: Emilio Fede, juventino, diventò milanista appena Silvio Berlusconi lo assunse in Mediaset e lo portò a San Siro, ad ammirare il fantastico Diavolo degli anni 80, quello di Van Basten, Gullit e Baresi. Quanto a me, sono genoano da quando avevo cinque anni. Mio padre (juventino, ma vivevamo a Genova) mi portò a vedere una partita del Grifo, io mi piazzai dietro la rete del portiere – che si chiamava Nani Franzosi – e mi esaltai per le sue splendide parate. Ma successe che negli ultimi minuti Nani incassò un gol lasciandosi sfuggire il pallone dalle mani, e scoppiò a piangere, per quella incredibile papera… sono passati settant’anni e io sono, da allora, un genoano passionale e fedelissimo. Tenere al Genoa è una categoria dello spirito. Siamo utopisti: se il Leicester ha vinto il torneo inglese, perché il Genoa non potrebbe vincere lo scudetto? E non ci importa perdere, o retrocedere in serie C: comunque adoriamo la nostra squadra. Ad una condizione però! Che i nostri si battano sempre.

di Cesare Lanza, DiTutto – La Settimana