Brent verso 47 dollari, Eni sotto pressione

Share

Il titolo accelera al ribasso in linea col mercato e il prezzo del petrolio zavorrato dall’aggiunta di nuove piattaforme in Usa. La produzione di greggio nel giacimento di Kashagan comincerà a novembre, quindi in leggero ritardo. Invece l’attività nel giacimento Goliat in Norvegia riprenderà tra un paio di settimane

Eni: Nigeria; Bisignani, chiamavamo Descalzi 'bravo ragazzo'Il titolo Eni accelera al ribasso (-2,69% a 13,40 euro) in linea con il mercato (-2,32% l’indice Ftse Mib) e il prezzo del petrolio zavorrato dall’aggiunta di nuove piattaforme in Usa: i produttori sembrano adattarsi ai prezzi più bassi e gli investitori tagliano le posizioni che scommettevano su ulteriori rialzi. Al momento il Brent cede l’1,31% a 47,38 dollari il barile e il Wti l’1,59% a 45,15 dollari il barile.
A pesare sull’azione sono anche le dichiarazioni dell’amministratore delegato della società petrolifera statale KazMunayGaz il quale ha detto che la produzione di greggio nel gigantesco giacimento di Kashagan, in Kazakistan, comincerà a novembre, quindi in leggero ritardo rispetto al mese di ottobre indicato in precedenza. Più nel dettaglio, il greggio comincerà a fluire il 24 settembre e raggiungerà volumi commerciali a inizio novembre, ha detto Sauat Mynbayev durante un incontro.
In realtà “l’obiettivo dichiarato da Eni è quello di riavviare le attività del Kashagan entro la fine dell’anno, quindi, un riavvio nel mese di settembre potrebbe essere positivo per i conti del quarto trimestre della società”, spiegano gli analisti di Banca Imi (rating hold e target price a 13,9 euro confermati sul titolo) che considerano questa notizia positivamente, ma sottolineano che l’effetto sulle loro stime è marginale.
Invece Eni punta a riprende l’attività nel giacimento Goliat in Norvegia tra un paio di settimane ovvero finché le misure di sicurezza non saranno implementate. La produzione era stata sospesa il 26 agosto a causa di un’interruzione nella fornitura di energia. Goliat è il primo giacimento petrolifero nel Mare di Barents e produrrà 100 mila barili al giorno una volta che tutti i 22 dei suoi pozzi sottomarini (12 di produzione e sette pozzi d’acqua e di iniezione di gas) saranno in funzione. Attualmente, 17 pozzi sono stati completati. Eni possiede il 65% di Goliat e il restante 35% è di Statoil.
Per ora gli analisti di Kepler Cheuvreux (rating buy e target price a 16 euro) hanno incluso nelle loro stime solo 20 mila barili al giorno come contributo da questo giacimento per l’esercizio 2016 (l’1% della produzione del gruppo), ma rappresenterà 59 mila barili al giorno nel 2017 (il 3% della produzione). “Un mese di arresto significa circa 90 milioni di dollari di ricavi perduti per Eni “, calcolano alla banca d’affari, ricordando anche che Goliat è un progetto con elevati margini. Per cui “stimiamo che ogni mese di stop abbia un impatto negativo di 64 milioni di dollari, circa 58 milioni di euro, sul flusso di cassa di Eni con il Brent 50 dollari al barile”.
Sebbene il campo renda il 4% della produzione del gruppo, gli analisti di Mediobanca Securities (rating outperform e target price a 18,50 euro) ritengono che sia improbabile che un ulteriore rinvio di due settimane abbia un impatto significativo sulla produzione di Eni. Tuttavia, “riconosciamo la natura politica del problema, essendo Goliat il primo giacimento petrolifero da sviluppare nel Mare di Barents. Come tale, non escludiamo che l’Autorità per la sicurezza di petrolio della Norvegia si prenda più tempo per valutare ogni sua preoccupazione sulla sicurezza”.
Anche gli analisti di Equita (rating buy e target price a 15,5 euro) ritengono che l’impatto sulla redditività dal fermo sia limitata in quanto il break-even di Goliat è stimato fra i 45-50 dollari/bbl. In ogni caso gli analisti di Mediobanca vedono qualsiasi potenziale debolezza in borsa del titolo Eni come un’opportunità di acquisto per gli investitori di lungo termine che vogliono un’esposizione verso il settore energetico. Un mercato del petrolio riequilibrato nel secondo semestre del prossimo anno dovrebbe portare a più alti prezzi del petrolio, il che potrebbe essere un beneficio incommensurabile per Eni rispetto alle altre società petrolifere.

Francesca Gerosa, Milano Finanza