A gennaio 2016 è morta Elena Benvenuti moglie dello studioso e politico Walter Binni. E noi la ricordiamo con una delle sue ultime interviste concessa nel 2013 in occasione del centenario della nascita del marito.
di Stefania Miccolis
“Walter continuamente ripeteva, parafrasando Feuerbach, si vive finché si ama”. A parlare è Elena Benvenuti, classe 1912, una Signora ancora lucida e piena di ricordi, e incredibilmente bella nella sua naturale eleganza. Walter Binni (Perugia 1913-Roma 1997) è stato suo marito, il compagno di una vita piena di passione e passioni: “più che accanto, siamo vissuti insieme, e ho imparato nel corso della mia lunga vita a dare un grande valore a questa parola. Per me è stata una grande esperienza, sia nei momenti più duri, gli anni della cospirazione antifascista (e Walter era molto esposto), in cui abbiamo condiviso situazioni di pericolo, sia dopo. A volte risento le telefonate minatorie dei fascisti romani, nel 1966: con un’orazione funebre efficacissima («nulla al ver detraendo» direbbe Leopardi) Walter denunciò le responsabilità del rettore dell’Università di Roma per la morte dello studente socialista Paolo Rossi; il rettore fu costretto alle dimissioni e la destra si infuriò. Ci misero i poliziotti sotto casa”.
Walter Binni, personaggio di cui quest’anno ricorre il centenario della nascita, è stato fortemente presente nella vita intellettuale e politica del nostro Paese. A testimoniarlo, non solo le sue numerose opere di critica letteraria, ma anche un carteggio intenso e voluminoso con intellettuali e politici italiani del Novecento. Primo al concorso nazionale per la Normale di Pisa nel 1931, ebbe come maestri Attilio Momigliano e Luigi Russo (con il quale si laureò con una tesi sulla poetica del decadentismo italiano, poi pubblicata nel 1936) ed amici normalisti tra cui Vittore Branca e Claudio Varese. Era stato spinto agli studi umanistici a Pisa anche da colui che sarebbe diventato sua guida e suo grande amico, Aldo Capitini.
Finita l’università, Binni ritorna a Perugia e dal 1939 al 1948, mentre insegna all’Università per stranieri, trascorre gli anni più pericolosi e attivi politicamente, “gli anni dell’antifascismo, della guerra, della Resistenza e della Costituente”. “Walter era già attivo dal 1936 nelle reti nazionali della cospirazione antifascista, a fianco di Aldo Capitini – racconta Elena Benvenuti – . Capitini, fu per me una grande scoperta, un vero maestro di rigore intellettuale e morale, e un grande amico: per Walter era un fratello maggiore. Sono stati anni intensi, drammatici, entusiasmanti: di conflitto e di liberazione, di solidarietà e di speranza. Eravamo “liberalsocialisti”, che per noi voleva dire massima libertà e massimo socialismo, non un inciucio (orribile parola purtroppo attuale) tra liberalismo e socialismo. È indelebile il ricordo di tanti amici e compagni, intellettuali, operai; Perugia era diventata uno dei centri dell’antifascismo. L’elenco sarebbe lunghissimo, di una straordinaria varietà umana e politica. Spesso rivedo, nella mia memoria affollata, personaggi come Calamandrei, Calogero, Valgimigli, Morra, Ragghianti. Nel 1943 aderimmo al ricostituito Partito socialista, di cui Walter fu deputato alla Costituente nel 1946, e io fui consigliera comunale a Perugia nella prima giunta dopo la Liberazione. Ho un bellissimo ricordo di quell’esperienza di costruzione della democrazia, con gli esperimenti di “democrazia dal basso” portati avanti da Capitini. Quella stagione di grandi speranze passò in fretta”.
Ad ascoltare Elena Benvenuti ci si immerge nella storia del ’900 che “per tante ragioni, sembra così lontano, e molte cose vengono dimenticate o attivamente rimosse”. “Il ‘900 è stato il secolo dei grandi conflitti, delle grandi tragedie e delle grandi esperienze. Sul piano delle idee il confronto tra posizioni anche radicalmente diverse era molto intenso e intelligente. Walter ha sempre coniugato il lavoro letterario con le sue implicazioni storiche e politiche. Era questo il suo metodo storico-critico centrato sullo studio della “poetica” di un autore o di un fenomeno letterario.”
Non tardò a verificarsi il conflitto con Croce e i crociani. Binni aveva conosciuto Croce nel 1936, a Firenze, attraverso il suo maestro Luigi Russo: “Aveva un grande rispetto per lo spessore intellettuale di Croce, ma il dissenso era profondo rispetto alle sue schematizzazioni su poesia e non poesia, che aveva applicato con esiti del tutto discutibili, per esempio, alla poesia e al pensiero di Leopardi. Fin dagli anni ’30 la lettura binniana di Leopardi era stata completamente diversa da quella crociana, e nel 1947, con La nuova poetica leopardiana, segnò una svolta fondamentale nella storia della critica.” Leopardi accompagna Binni nel suo pensiero e nella sua lotta: “è stato il poeta della sua vita e ha continuato a frequentarlo, a studiarlo, a scriverne fino alla fine. Uno dei suoi libri che amava di più era La protesta di Leopardi, pubblicato nel 1973 (quarant’anni di studi e di ricerche), e quel titolo rivelava il legame profondo tra Leopardi e la concezione del mondo di Walter: si trattava anche della protesta esistenziale e politica dello scrittore e del critico, intransigente, indignato, inconciliabile, antiaccademico. Si definiva «leopardista leopardiano» e «pessimista rivoluzionario»”.
Grande è stata la delusione politica dopo la guerra: “Dopo la scissione di Palazzo Barberini, Walter non si schierò né con Nenni né con Saragat, lavorando con Silone nella prospettiva vana di una ricomposizione dell’area socialista. Io continuai il mio lavoro di consigliera comunale aderendo all’“Unione dei socialisti”, una delle tante formazioni della diaspora socialista. Poi nel 1948, conclusi i lavori della Costituente, Walter vinse un concorso a cattedra all’Università di Genova. Da quel momento si sarebbe dedicato totalmente al suo lavoro di critico e storico della letteratura, e di docente universitario. Lasciammo Perugia e ci trasferimmo a Lucca, in un’abitazione della mia famiglia. Poi nel 1958 a Firenze, e infine a Roma”.
Elena Benvenuti, francesista, insegnò per un breve periodo, ma decise assai presto di affiancare il marito nel suo lavoro “battendo a macchina i suoi libri, correggendone le bozze, tenendo in ordine la corrispondenza. Era un lavoro appassionante, ricco di relazioni con altri studiosi, con le riviste letterarie.” Dopo la morte di Binni nel 1997 si è dedicata all’ordinamento del suo archivio, lettere (più di 14.000), fotografie, documenti (oggi in gran parte presso l’Archivio di Stato di Perugia). “Ho continuato a lavorare con lui”. La sua biblioteca (15.000 volumi) donata alla regione Umbria, si trova ora nella Biblioteca comunale Augusta di Perugia. Per ricordarlo nel centenario della sua nascita il figlio Lanfranco ha curato il libro La protesta di Walter Binni. Una biografia (Il Ponte editore, 2013): in esso è ricostruito il percorso intellettuale e politico di Binni attraverso sue testimonianze e pensieri e un montaggio cronologico di lettere dei suoi corrispondenti, da Capitini a Croce, da Russo a Montale, da Gadda a Bobbio, da Parri a Rigoni Stern.
La forte Signora vive ora a Lucca, serena e contenta della pienezza della sua vita: “è stato un viaggio appassionante con relazioni, amicizie, frequentazioni; continuo a considerare centrale il valore delle esperienze che abbiamo avuto la buona sorte di vivere, e auguro a tutti, una vita essenziale e attenta alle persone” . Del marito le manca la sua presenza, un suo sguardo, una sua carezza.
Stefania Miccolis