Autogrill, fa gola il panino MyChef insegue Sarni la sosta vale 1,2 miliardi

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L’AUMENTO DEL TRAFFICO E IL CALO CONCESSO DAL GOVERNO DELLE ROYALTY AI GESTORI AUTOSTRADALI HANNO ACCESO LA MICCIA. LE ASTE ANDATE DESERTE POCHI MESI FA ORA VEDONO IN CORSA CREMONINI E SARNI, I FRANCESI DI MYCHEF E ANCHE LA STESSA SOCIETÀ DEL GRUPPO BENETTON

Ettore Liviniautogrill

Le Autostrade si preparano con l’arrivo dell’estate alla grande guerra degli autogrill. Questa volte però la posta in palio è altissima: non la conquista dell’ultima Rustichella rimasta in vetrina durante un week-end di esodo o l’agognato posto in prima fila nelle code per lo scontrino del caffè o per una toilette libera, ma – più semplicemente – il controllo del business delle aree di servizio. Un mondo che vale 1,2 miliardi di euro e che dal 30 giugno cambierà volto. Q uel giorno, all’alba, scadranno i termini per il rinnovo di 160 concessioni, quasi il 40% dei punti di ristorazione presenti sulle autostrade italiane. E comunque vadano a finire le cose, niente sarà più come prima. Autogrill, l’azienda del gruppo Benetton da sempre leader del mercato e titolare oggi di 250 licenze, ha già annunciato che si metterà a dieta, rinunciando (in qualche caso obtorto collo) a una parte delle 100 aree con le sue insegne in scadenza «per concentrarsi solo su quelle più interessanti». E la parte del leone nella campagna acquisti la faranno i suoi tre concorrenti, rendendo molto più competitiva e variegata l’offerta dei menù in autostrada. Chef Express, la controllata di Cremonini presente oggi in 43 realtà, punta a raddoppiare al 20% la sua quota di mercato. A crescere sensibilmente puntano pure Sarni – che oggi lavora in 82 punti vendita – e My-Chef della francese Elior (20). Un’asta tormentata Come andrà davvero a finire lo capiremo la prossima settimana. La certezza però è che l’asta per rinnovare le concessioni è stata assai accidentata. L’avvio dell’iter è stato segnato dall’apertura di un’inchiesta dell’Antitrust contro MyChef e Chef Express sulle gare lanciate nel corso del 2013. L’accusa era di aver sostanzialmente fatto cartello tarando le offerte per spartirsi ex-ante alcune concessioni e il procedimento si è concluso per ora con una multa di 13 milioni ai due gruppi. Non solo. Lo stato di salute del mercato in quel periodo non era proprio roseo: scottati dal peso delle royalty chieste dalle società di gestione autostradale sugli incassi (il 28-30% in media, con punte del 49,17% per Laimburg Ovest sull’AutoBrennero) e dal calo del traffico provocato dalla crisi, i big avevano deciso di rallentare gli investimenti. La Brebemi è nata senza un’area di servizio perchè nessuno si è preso il rischio di costruirle. Sette aste di Serenissima e Aurobrennero sono andate deserte. E di fronte a un certo caos normativo – pomo della discordia la possibilità per i titolari delle pompe di benzina di vendere pure loro generi alimentari – la scadenza della gara per le concessioni è stata rinviata fino all’Ora X del 30 giugno 2016. Le cose però, nel frattempo, sono molto cambiate: la prima spinta alla concorrenza è arrivata con la moral suasion esercitata dal Governo che – in buona sostanza – ha convito i gestori autostradali a ridurre le loro pretese, aggiustando le royalty a un 18-20% che è almeno un po’ più vicino alla media europea. La ripresa del traffico La vera novità però è un’altra: la ripresa del traffico e, di conseguenza, del business. Nel 2013 la situazione, da questo punto di vista, era grigia, con il volume di auto e camion sceso a un minimo di 75 milioni di chilometri percorsi e le vendite nelle aree di servizio crollate del 19% (dati Prometeia) dal 2008. Da allora le cose hanno iniziato a riprendersi. Prima a ritmo lento, 76,5 milioni di km. nel 2014. Poi prendendo velocità: nel 2015 siamo arrivati a 79,4 milioni e quest’anno – grazie anche a un febbraio senza neve e bisestile – con un significativo + 6,8% del traffico. Autogrill, per dire, ha ammesso che il rialzo delle auto in transito del 3,2% sulla rete dei suoi punti vendita ha contribuito da sola per uno 0,9% all’incremento degli scontrini battuti nel 2015. Il combinato disposto di tariffe più basse e di un numero di clienti in aumento ha trasformato così un’asta iniziata in modo un po’ sonnolento in una sfida all’ultimo rialzo, con tutti e quattro i concorrenti molto più aggressivi per aumentare il loro peso in un affare in grado di garantire una marginalità tra il 12 e il 16%. E fare tesoro dell’esperienza sul network di autostrade tricolori per provare a replicare il modello di business anche all’estero, come ha fatto con gran successo Autogrill, l’azienda leader controllata dal gruppo Benetton. La gara in corso in queste ore, oltre a rimescolare le carte tra i suoi protagonisti, è destinata anche a cambiare molto la loro offerta e l’immagine di bar, ristoranti e negozi che ci troveremo davanti quando ci concederemo una sosta parcheggiando l’auto in un’area di servizio. Il vantaggio della concorrenza, per fare un esempio è che forse non saremo più costretti alle interminabili gimkane in un labirinto di scaffali, pratica obbligata in molti dei lay-out attuali che rende spesso l’uscita dall’autogrill la parte più complicata del viaggio. Chef Express, per dire, mapperà i suoi negozi con tre percorsi differenti: “Fast” per chi non ha intenzione di ciondolare troppo tra biscotti e salumi, “Slow” per chi ha voglia di fare shopping senza perdersi nulla, e “Tech” per chi vuole fare sosta solo nell’aerea telefonini & C.. La sfida della qualità L’altro trend del mercato è quello di spostare un po’ verso l’alto l’offerta. Rustichella, Camogli & C., ovviamente, restano le punte di diamante del menu. Autogrill però le ha affiancate con i più raffinati Bistrot e poi ha addirittura creato – per ora nell’area di servizio di Secchia Ovest, all’incrocio caldissimo tra AutoBrennero e Autosole un punto gestito in collaborazione con Eataly. La società di Andrea Guerra ha preteso che si togliessero dagli scaffali Coca- Cola e Gratta & Vinci ma ha trasformato il vecchio punto vendita in un percorso eno-gastronomico nelle eccellenze tricolori. Fatto di prodotti dei presidi Slow-Food, hamburger di bovini di razza piemontese nutriti senza integratori. E, dulcis in fundo, una pizza preparata con farina biologica e in un grande forno a legna. ChefExpress, da parte sua, ha messo a punto un accordo con Coldiretti per offrire prodotti a chilometro zero. Gli affari, del resto, non mancano. Ogni singolo punto vendita è – a modo suo – una piccola impresa. Il giro d’affari dei maggiori (i “ponti” sono i più interessanti e redditizi) va da 8 a 12 milioni di euro l’anno. Quello di Fiorenzuola, per dire, inventato da Mauro Pavesi, pioniere del settore e costruito nel 1959 su disegno dell’architetto Angelo Bianchetti, occupa 100 persone con punte di 150 in alta stagione e serve 1,9 milioni di clienti l’anno. Un mare di caffè e panini Un esercito di viaggiatori affamati e assetati che consumano 6,3 tonnellate di caffè l’anno, 123 quintali di pasta e ogni giorno acquistano quasi 1.700 tra panini e pizze. Il Capoverde, il sandwich re del menu Chef Express, va via al ritmo di 500mila pezzi l’anno. Il business, dunque, fa gola non solo ai fan della sosta autostradale, ma anche ai fornitori di servizi. Nessuno si sbilancia troppo sui risultati delle aste in corso in queste ore. Una cosa però è certa: solo un paio di anni fa il rischio di vedere andare deserte gran parte delle 160 gare in corso sarebbe stato altissimo, oggi l’orizzonte è decisamente più sereno. Solo una decina di aree, quelle più marginali e che richiederebbero maggiori investimenti, rischiano davvero di non trovare gestori. Il resto dovrebbe andare a ruba. E l’unico dubbio degli esperti del settore è come sarà la mappa della ristorazione autostradale dopo la rivoluzione di mezza estate del 2016. Sopra, l’interno di un ristorante Ciao, l’offerta specializzata per i bambini all’interno di un ristorante Autogrill.

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