Oggi il prezzo e le condizioni per l’arrivo del Fondo. E i soci valutano l’aumento
C’è chi dice «sto valutando», come il re delle calzature René Caovilla, 184 mila azioni e lo 0,15% del capitale, che dovrà decidere se tirar fuori un altro milione e mezzo, dopo averne perduti 7. E c‘è chi già dice che non sarà della partita. Lanciare un aumento di capitale da un miliardo subito dopo aver azzerato le azioni è un po’ come dover ricostruire sulle macerie provocate dallo scoppio della bomba atomica. Lo scenario per Veneto Banca non è dissimile; e il Veneto l’affronta per la seconda volta, dopo il precedente, poco rassicurante, di Bpvi. Il livello di difficoltà della partita per Veneto Banca è evidente. Ma le scadenze incombono. E in ballo c’è il destino finale dell’ex popolare. Domani, a Montebelluna, la giornata decisiva in cui si fisserà la forchetta di prezzo a cui offrire le azioni dell’aumento di capitale. La riunione del cda presieduto da Stefano Ambrosini è convocato alle 15, in parallelo probabilmente, secondo un copione già visto a Vicenza, con le ultime trattative tra i consulenti sulla forchetta, per elaborare la proposta da far arrivare in consiglio. La sostanza della proposta del consorzio di garanzia, per altro, la si è già capita dalle indiscrezioni, che fissavano il prezzo minimo a 10 centesimi. Significa, come già a Vicenza, che il pre-marketing tra gli investitori istituzionali è stato deludente, e che a bordo campo si prepara già, a quel prezzo, l’intervento del Fondo Atlante, che domani riunirà il comitato investitori. In ballo la firma del contratto di subentro a Imi. Le condizioni sono decisive. Da più parti s’indica come una delle richieste centrali del fondo per intervenire, di fronte a un aumento in opzione ai vecchi soci, sia di avere in ogni caso il 51% e il controllo della banca. Magari della clausola, vista la situazione, non ci sarebbe bisogno. Ma il fatto che se ne discuta rende chiaro che Atlante non è disposto a intervenire solo per mettere il tassello che manca all’aumento. Il messaggio appare indirizzato ai grandi soci, che hanno più volte ripetuto, con il presidente dell’associazione, Bruno Zago, di voler lavorare almeno per iniettare 250 milioni e giungere al 25%, per costituire il flottante minimo per la Borsa. Sarebbe la condizione per rendere liquidabili le azioni, evitare che la banca venga fagocitata in toto da Atlante e provare a tener aperta in qualche modo lo scenario – per altro sempre più difficile – dell’intervento di un partner industriale come Ubi o Bper. Certo, resta aperta la domanda su chi, specie tra i vecchi soci, dopo aver perso tutto, sarà disposto a metter altri soldi su un progetto per lo meno rischioso. Esclusi in partenza i grandi soci in causa sulle azioni, come il lotto intorno a Bim (dagli Scanferlin, 765 mila azioni per oltre 30 milioni bruciati), la domanda vale per i grandi investitori: da Hdi assicurazioni (un milione di azioni), a Jp Morgan (900 mila), alle Generali, che con le quote di Genertellife, Alleanza-Toro e Banca Generali, ne ha per oltre 1,4 milioni, o la Argo Finanziaria del gruppo Gavio, 600 mila azioni. E se Cattolica (274 mila azioni) ha già fatto capire che non sarà della partita, la domanda tocca ancora la Fondazione Carifabriano (561 mila azioni) o la Fondazione di Venezia (280 mila azioni, con un valore al top del prezzo di 40,75 euro di 11 milioni), che, da quel che si capisce, per ora sta alla finestra.
E poi ci sono i soci. Dalle Acciaierie Valbruna della famiglia Amenduni, che, in parallelo a Bpvi, hanno 319 mila azioni, alla Folco Immobilare, 400 mila, a posizioni singole come Enrico Marchi, 186 mila azioni, e Luca Ferrarini, socio in vista di «Per Veneto Banca», 126 mila. C’è chi si espone. L’aumento di capitale? «Lo stiamo considerando con attenzione, con il mio dirigente finanziario. Non escludo di intervenire. Non arrivare al flottante per la Borsa sarebbe l’atto finale per le banche venete – dice Diego Carraro, l’imprenditore vicentino della Mecc Alte, 450 mila azioni che equivalevano a 18 milioni di euro, già presidente di «Per Veneto Banca » -. L’epilogo rischia di essere Atlante che si porta via tutti i risparmi. Stiamo perdendo una cifra spaventosa. Serve una commissione parlamentare d’inchiesta: non si può far passare quel che sta succedendo con un’alzata di spalle». Su posizioni simili il decano degli industriali veneti, Giancarlo Ferretto, 149 mila azioni, anche lui associato a «Per Veneto Banca»: «Siamo alla copia conforme di Bpvi: pare una situazione pilotata. I veneti dovrebbero assicurare almeno le risorse per il flottante di Borsa: sarebbe importante».
Ma ci sono anche posizioni critiche. Come Oscar Marchetto, l’ex socio di Nice ora al comando della Somec, 134 mila azioni: «L’ex popolare non fa più banca da mesi. E poi dov’è il piano strategico per i prossimi anni? Io non lo vedo; e se non c’è, non c’è nemmeno futuro». O ancora Elio Marioni, l’imprenditore della vicentina Askoll, che in parallelo a Bpvi, ha in Veneto Banca 30 mila azioni: «Si è consumata un’epoca, con un bagno di sangue: ho amici farmacisti che mi dicono che le vendite sono calate del 30%. E ora sarà l’epoca degli spezzatini».